“Il comportamento tenuto nei giorni scorsi da alcuni membri della comunità senegalese è stato poco rispettoso delle istituzioni sanitarie avendo attaccato in modo inaccettabile i nostri operatori e l’Azienda nel suo complesso. È stato invaso a più riprese il reparto, spaventando e minacciando il personale con possibile grave disturbo allo svolgimento della normale attività. Questo non può essere accettato. Per questo faremo un esposto alle autorità competenti perché riteniamo ci siano i presupposti per farlo”. Così la direttrice amministrativa dell’Azienda USL Toscana nord ovest, Maria Letizia Casani, è intervenuta sulla occupazione dell’ospedale di Livorno registrata la settimana scorsa e di alcuni episodi ad essa correlati. “Ci siamo preoccupati da subito – continua Casani – di fare chiarezza su questa vicenda sia per quanto riguarda il comportamento dei nostri operatori sia su quello tenuto da una parte della comunità senegalese. Il lavoro dei dipendenti coinvolti nella vicenda è stato rigoroso e puntuale come lo sarebbe stato per qualsiasi altro utente. Per questo l’Azienda conferma la fiducia e ringrazia gli operatori per quanto fatto”. “L’episodio – ha continuato il commissario dell’Azienda USL, Mauro Maccari – ha toccato e offeso tutti noi perché ha insinuato un atteggiamento razzista nell’intero sistema sanitario. Questo non è mai esistito e mai esisterà. I nostri servizi sono improntati alla universalità ed alla omogeneità: non c’è spazio per atteggiamenti diversificati in base a razza, genere o qualsiasi altra categorizzazione. L’ospedale non può e non deve essere posto di manifestazione per rispetto, prima di tutto, dei nostri pazienti, ma anche di chi ci lavora quotidianamente. È nostro compito difenderlo da tutti nell’interesse di tutti”. Conferme sulla correttezza del percorso seguito sono poi venute anche dal direttore delle Malattie Infettive dell’ospedale di Livorno, Spartaco Sani. “Abbiamo fatto il nostro dovere come avremmo fatto con qualsiasi altro cittadino – ha affermato – seguendo le procedure previste. Nei molti mesi di degenza del paziente si sono consolidate relazioni umane tra l’uomo e il nostro personale che si è speso ben più di quanto previsto dai loro compiti istituzionali. Ci preme comunque rilevare che da 30 anni abbiamo sempre avuto un rapporto eccellente con la comunità senegalese residente a Livorno. Come qualsiasi altro cittadino frequenta tutti i nostri reparti ospedalieri e mai si erano verificati episodi di questo tipo. Serve però un rispetto reciproco che in questo caso non c’è stato a discapito dei miei stessi operatori che sono stati oggetto di minacce”. “Il nostro è un lavoro delicato e vi rientra anche la possibilità di essere sottoposti al giudizio dei cittadini – ha detto Luca Carneglia, direttore del presidio ospedaliero di Livorno – ma per reclamare o rivendicare i propri diritti esistono delle procedure ben codificate che non sono state utilizzate. Nessuno, infatti, ha chiesto di parlare con la direzione prima della occupazione dell’atrio e solo successivamente a questa siamo stati informati di quanto accaduto. Le regole del normale vivere civile presuppongono che ci sia un rapporto di fiducia fino a prova contraria e, ad oggi, non sono emersi responsabilità per quanto accaduto”. “È bene comunque specificare – ha affermato Luca Cei, direttore del dipartimento Affari legali – che l’esposto alla autorità giudiziaria non si tratta di una misura straordinaria adottata nei confronti della comunità senegalese, ma di una misura abitualmente presa nei confronti di cittadini che abbiano avuto comportamenti simili nei confronti degli operatori”. Alla conferenza stampa erano presenti anche Chiara Pini, direttore del dipartimento professioni infermieristiche e ostetriche e Claudia Marmeggi, coordinatrice infermieristica del reparto Malattie Infettive di Livorno.
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