Un protocollo per promuovere e facilitare il più possibile le donazioni di sangue, plasma e piastrine, e favorire il ricambio generazionale nella prospettiva di un calo demografico che potrebbe avere un impatto significativo anche sulle donazioni.
Da qui il via libera della giunta regionale, su proposta dell’assessore Simone Bezzini e dell’assessora Alessandra Nardini, ad un’intesa che le aziende sanitarie potranno sottoscrivere con associazioni del volontariato ed enti pubblici e privati per organizzare insieme, tra dipendenti, collaboratrici e collaboratori, iniziative di sensibilizzazione e divulgazione, giornate dedicate e l’uso, quanto ai permessi per l’assenza retribuita dal lavoro riservati alle donatrici e ai donatori, degli istituti già previsti dai contratti con la possibilità anche di pensare ad ulteriori forme di facilitazione.
Con l’intesa saranno istituiti anche tavoli di confronto permanenti per monitorare e migliorare le iniziative legate alla donazione.
“Questo protocollo rappresenta un vero e proprio strumento di medicina preventiva”, spiega l’assessore al diritto alla salute, Simone Bezzini. “Donare sangue infatti fa bene al sistema ma anche alle persone, perchè possono tenere il proprio stato di salute sotto controllo. In questo senso – aggiunge – per un’azienda aderire vuol dire compiere un gesto concreto per promuovere la cultura del dono e essere parte attiva della garanzia del diritto alla salute delle persone: elementi significativi di cui abbiamo profondamente bisogno oggi nelle nostre comunità”. “Ringrazio le associazioni di donatori e tutte tutti volontari – conclude Bezzini – per il contributo alla realizzazione di questa intesa ma anche per quello che quotidianamente, con grande altruismo, continuano a dare al nostro sistema sanitario”.
“Il mondo del lavoro può dare un contributo determinante a rafforzare la diffusione della cultura della donazione. Per questo dobbiamo impegnarci tutte e tutti insieme per far conoscere gli istituti giuridici contrattuali già presenti per lavoratrici e lavoratori che intendono donare sangue, plasma e piastrine. La donazione incarna i valori dell’altruismo e della solidarietà ed è cardine di una società coesa”. Lo spiega l’assessora al lavoro Alessandra Nardini, che ringrazia Avis, Fratres, Anpas e Croce Rossa “per aver suggerito l’idea del protocollo” e ricorda che “l’intesa è stata accolta molto positivamente nella Commissione regionale permanente tripartita che vede la presenza di tutte le parti sociali, organizzazioni sindacali e associazioni datoriali”. “Mi auguro – conclude Nardini – che i percorsi previsti nel protocollo si possano concretamente avviare al più presto”.
Chi può donare a chi
La donazione di sangue è aperta a tutte le cittadine e cittadini, italiani e stranieri. Occorre avere almeno diciotto anni e non più di settanta, buona salute, corretti stili di vita e un peso di almeno cinquanta chili. La presenza di alcune patologie, di terapie in corso, viaggi recenti o interventi possono comportare l’esclusione permanente o la sospensione temporanea dalla donazione. Si può donare ad intervalli di tre mesi (ma non più di due volte l’anno per le donne in età fertile).
Esistono quattro diversi gruppi sanguigni – il gruppo A, B, AB e zero – che raddoppiano a seconda della presenza o meno di uno specifico antigene, l’Rh, sulla superficie dei globuli rossi. Il gruppo 0 Rh negativo è definitivo universale: salvo infatti alcune eccezioni può essere donato a qualsiasi persona; ma chi lo possiede può ricevere sangue solo da donatori 0 negativo. Il gruppo AB Rh positivo, al contrario, può ricevere donazioni di sangue da tutti i gruppi.
In Italia – la distribuzione varia a seconda dell’area geografica – si stima che il gruppo 0 positivo sia il più numeroso e scorra nelle vene del 39-40 per cento della popolazione. Subito dopo c’è il gruppo A positivo, riscontrabile nel 36 per cento. Seguono il gruppo B positivo (7,5 per cento), lo 0 negativo (7 per cento), l’AB positivo (2,5 per cento), l’A negativo (6 per cento), il B negativo (1,5 per cento) e l’AB negativo (il più raro in Italia, con lo 0,5 per cento di casi nella popolazione).
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