Un Consiglio Comunale infuocato quello di ieri sera, con il sindaco che ha parlato dell’inchiesta in cui è indagato e con forti tensioni tra i fronti contrapposti. Continue interruzioni non hanno in pratica permesso il regolare svolgimento della seduta. Di seguito le dichiarazioni del primo cittadino.
Sono mesi, ormai, che l’attenzione della politica nazionale è rivolta a Livorno.
Si parla di “romanizzazione” del dibattito politico locale ben prima dell’avvio dell’indagine giudiziaria su AAMPS.
Basta pensare agli scioperi dello scorso anno dei dipendenti della partecipata, giorni nei quali i rifiuti, non ritirati, restavano sulla strada, causando inevitabilmente disagio ai cittadini.
I mass media allora parlarono di “un’emergenza rifiuti”, che in realtà non è mai esistita.
Sono il primo a non gradire di essere diventato, mio malgrado, un personaggio politico a livello nazionale.
Con la mia elezione, i cittadini mi hanno chiamato a governare la città e dare risposta alle esigenze dei livornesi.
Un compito, quello di amministrare una città, che è diventato, per me, come per i sindaci delle altre città sempre più gravoso e non solo per le risorse finanziarie, sempre più insufficienti, decurtate negli anni, pesantemente, dalle altre articolazioni della Repubblica.
Perché, alla grande responsabilità che ci è stata affidata con l’elezione diretta, non segue un’autonomia politica amministrativa vera, una capacità di azione, la possibilità di avere risorse umane sempre adeguate, la possibilità di dare risposte alle domande dei cittadini in un quadro di regole certe.
I quotidiani locali e non, avevano, da tempo, già pronti i loro articoli per annunciare che, finalmente, un sindaco del M5S è stato raggiunto da un avviso di garanzia.
Sicuramente si tratta dell’avviso più annunciato della storia cittadina.
Si è subito corsi a parlare di fine della presunta superiorità morale del M5S e che, alla fine, saremo uguali a tutti gli altri, non più puri e innocenti. Permettetemi però di fare chiarezza: ho sempre detto che occupandomi della questione AAMPS fosse praticamente inevitabile “sporcarsi le mani”, ma ribadisco di essere sereno perché la mia coscienza è “assolutamente pulita” perché tutte le scelte fatte, pure quelle oggetto di indagine, sono state prese, sempre e soltanto, nell’interesse dei cittadini livornesi.
Nella nostra idea del “fare politica” l’arricchimento personale non è neppure immaginabile tant’è che ci tagliamo stipendi e gettoni per finanziare, così, attività sociali.
Non ci interessa neppure cercare il consenso ad ogni costo e andare più agevolmente verso la riconferma del mandato.
Il solo avviso di garanzia che ho ricevuto – e non tre come ha invece scritto qualcuno – è relativo a “concorso in bancarotta fraudolenta”, di AAMPS, che, quando siamo stati chiamati alla guida di questa amministrazione, già aveva svariati milioni di euro di debiti e che senza un nostro intervento sarebbe stata condannata definitivamente.
Debiti accumulatisi negli ultimi venti anni di gestione scriteriata dell’azienda, anni nei quali il socio unico, il Comune di Livorno guidato fino al 2014 dalla stessa forza politica, si preoccupasse di capire le ragioni per cui si era aperta questa voragine.
La ricetta dei miei predecessori era semplice e a suo modo efficace: ogni volta che il buco si allargava troppo, il comune provvedeva a ricapitalizzare, tanto, in ultima istanza pagavano i livornesi attraverso la tassa prima e la tariffa poi.
La polvere veniva accuratamente, così, nascosta sotto il tappeto. Noi quel tappeto l’abbiamo tirato via e così abbiamo invertito la rotta.
Personalmente non so quale sia la mia condotta che gli investigatori ritengono possa essere stata illecita.
Quello che so è che abbiamo sempre fatto tutto alla luce del sole.
Si legge sui giornali che mio ulteriore torto sarebbe stato quello di aver scelto di stabilizzare trentatré operatori che da molti anni lavoravano da precari in l’azienda, con contratti a tempo.
Secondo alcuni questa scelta avrebbe aggravato la situazione complessiva di AAMPS.
Noi invece riteniamo che l’azienda così non solo ha risparmiato 110 mila euro di sgravi contributivi, ma abbia evitato che questi lavoratori le intentassero causa esponendola a ricorsi ben più pesanti.
Sono entrati così, definitivamente, in organico trentatré dipendenti necessari a garantire il servizio di raccolta dei rifiuti, spina dorsale di un’azienda capace finalmente di camminare con le proprie gambe.
Tengo poi a precisare che questa scelta non è solo mia perché non ho fatto altro che rispondere a un atto d’indirizzo CONDIVISO da tutte le forze politiche che siedono in Consiglio Comunale.
Se dal punto di vista amministrativo questa scelta ricade su chi decide e quindi sul sottoscritto dal punto di vista politico tanto è palese che sia stata pienamente condivisa da tutti i gruppi politici.
Quello che abbiamo ereditato è dunque un’azienda decotta e con un organico che vedeva un numero sproporzionato di funzionari rispetto a pochissimi operativi, e continuava a stare in piedi solo perché, periodicamente le casse erano ripianate dagli aumenti delle tasse dei rifiuti pagate dai livornesi. Questa giunta, non altri, sta provando a invertire questo trend, e impedire gravissime conseguenze per il futuro. Abbiamo, per questo, compiuto una scelta impopolare ma coraggiosa.
Solo il tempo ci dirà se la nostra ricetta è stata sufficiente per rilanciare l’azienda, ma certo non ci si può accusare di essere stati poco trasparenti.
Mi si dirà, “Sindaco, però lei ha ricevuto un avviso di garanzia.
E allora perché non si dimette?”
E’ semplice: non ho infranto quelle regole non scritte e che vengono prima della legge e che impongono a un amministratore non solamente di tenere un comportamento moralmente e politicamente inappuntabile, ma di non essere neppure investito da ipostesi di reato che ledono totalmente la credibilità dei cittadini e della stessa macchina amministrativa.
Non sono accusato di aver rubato.
Non sono accusato di aver distratto fondi per scopi personali.
Non sono accusato di essere un evasore.
Non sono neppure accusato di aver essermi comprato calze, mutande o la nutella con soldi pubblici.
La procura sta indagando per una mia scelta amministrativa.
Sono certo di aver seguito tutte le procedure alla lettera, ma se le indagini dovessero dimostrare che ho agito violando i principi che ho elencato prima, non esiterò a dimettermi.
Questo non in nome dei principi del Movimento: è solo buonsenso, quello che dovrebbe guidare l’azione di ogni politico.
Credo di aver chiarito il mio pensiero e la mia posizione.
D’ora in poi, se me lo permettete, vorrei tornare a occuparmi della città e dei suoi problemi reali.
Giusto ieri è stata pubblicata la graduatoria definitiva di chi avrà diritto al reddito di cittadinanza, un nostro cavallo di battaglia.
Una nostra promessa mantenuta.
Sono felice di annunciare che da metà settimana le 100 famiglie in graduatoria riceveranno la prima quietanza di pagamento, mensile, da 500 euro.
Un sostegno al loro reddito, che non risolve tutti i problemi ma che va nella direzione giusta e che ci rende davvero orgogliosi”.
Filippo Nogarin
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