Sembrano non finire più i guai per la coppia di malviventi labronici, Salvi Enrico (35enne) e Del Vivo Micael (26enne), arrestati in flagranza dai Carabinieri della Compagnia di Livorno lo scorso 17 ottobre, per uno scippo consumato in danno di una donna 43enne in piazza Cappiello.
Già allora le modalità, il luogo e la scelta della vittima erano apparse come un vero e proprio “marchio di fabbrica” della coppia.
Ed allora, riavvolgendo il nastro di tutti gli episodi analoghi riscontrati negli ultimi tempi in città, i militari di viale Fabbricotti sono riusciti, attraverso una meticolosa attività di ricostruzione, coordinata dal sostituto procuratore dott. Daniele Rosa, a dare un volto ed un nome agli autori di ulteriori 6 colpi, tra scippi e borseggi, commessi tra giugno ed ottobre, ai danni di altrettante donne livornesi.
Oltre che dalle parziali ammissioni di responsabilità da parte dei due nel corso delle fasi del loro arresto, l’attività di ricostruzione dei crimini ha trovato un determinante supporto dalla collaborazione delle stesse vittime come pure di alcuni testimoni oculari. Il tutto è stato poi suffragato dalle attività d’indagine tradizionali e tecniche.
Le date ed i luoghi dei crimini, tutti in danno di donne del luogo, di cui i due sono ritenuti gravemente indiziati sono i seguenti:
13 giugno, piazza Cavour, scippo ai danni di 75enne;
20 settembre, via Bois, furto con destrezza ai danni di 44enne;
5 ottobre, via Barriera Garibaldi, scippo ai danni di 79enne;
6 ottobre, via Roma, furto con destrezza ai danni di 50enne;
8 ottobre, via Montebello, scippo ai danni di 54enne;
10 ottobre, via Roma, furto con destrezza ai danni di cittadina albanese 35enne.
A carico del più giovane dei due, sono stati inoltre raccolti gravi indizi di colpevolezza in ordine ad un furto in abitazione commesso in Collesalvetti lo scorso 27 luglio.
I due dovranno anche rispondere, in concorso tra loro, del reato di riciclaggio per aver utilizzato, per la commissione dei reati, motoveicoli rubati (Aprilia Scarabeo 125 ed Honda SH 300) sui quali avevano apposto targhe differenti al fine di ostacolare l’individuazione della loro provenienza illecita.
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