L’incidente al giovane marittimo accaduto questo lunedi in porto fa ricordare il caso dei falsi certificati Rina sull’agibilità delle navi portato avanti dalla procura di Genova, del quale ad oggi risultano ancora in corso gli sviluppi. Nell’inchiesta furono coinvolti pubblici ufficiali in ambito marattimo e tecnici del Rina (il Registro Italiano Navale) che secondo le indagini iniziali avrebbero “taroccato” ispezioni sui traghetti di almeno tre compagnie di navigazione impegnate sulle rotte tra Genova, Livorno, Sardegna, Sicilia, Corsica e il Nord Africa.
Da ottobre 2016 nel mirino degli investigatori sarebbero Grandi Navi Veloci, Moby Lines e Corsica Ferries. Non si sa se vi siano degli indagati, ma secondo fonti attendibili i militari della Guardia di Finanza, incaricati dal pm Walter Cotugno, avrebbero acquisito e sequestrato documentazione presso le sedi amministrative delle tre compagnie di navigazione: verbali e relazioni inerenti ad una serie di episodi ritenuti “sospetti”, specifici, che si sono succeduti nel tempo, ma da qualche mese non si hanno più notizie del caso.
Questo filone di inchiesta rappresenta una costola di quella “madre”, appunto la strage del 7 maggio 2013 che fece 9 vittime nel porto di Genova. E il magistrato, nell’aprire un nuovo fascicolo, era partito dalla considerazione che un mercantile da 40mila tonnellate (la Jolly Nero) non possa perdere il controllo e finire su una banchina senza una plausibile ragione che non sia quella dell’errore umano. Ci sarà stata qualche altra negligenza. E le inadempienze sono raccontate dalle stesse perizie dei consulenti nominati dalla Procura: quella motonave non era in grado di navigare. Tant’è che i motori quella sera non ripartirono, il contagiri non funzionava ed i telefoni interni erano disattivati.
Tutto ciò – stando a quanto ipotizzano la magistratura e gli investigatori – non sarebbe potuto avvenire se le ispezioni da parte dell’autorità marittima e del Rina (organismo che vigila sulla sicurezza della flotta passeggeri e mercantile) fossero state compiute secondo le regole. “Facevamo così, lo so che è sbagliato, ma le cose funzionano così… D’altra parte, io devo salvare il mio posto di lavoro”, ha dichiarato a verbale Gianluca Donadio, responsabile dell’Ufficio Sicurezza della Navigazione della Capitaneria di Porto di Genova.
Donadio – al momento – non risulta indagato. Pare di capire che sia stato “graziato” per le ammissioni delle sue responsabilità e per la collaborazione dimostrata con i militari del Primo Gruppo a cui il pm ha affidato questo stralcio di indagine.
In ogni caso, tra il 2008 e il 2013, prima del crollo della Torre Piloti, ben 15 avarie e guasti della Jolly Nero non sarebbero stati comunicati dall’armatore, né denunciati dal Rina. Ancor meno sarebbero stati segnalati dal controllore: la Capitaneria di Porto. Sicché, due alti ufficiali del corpo risultano indagati: il capitano di fregata Marco Noris in servizio nel capoluogo ligure e il capitano di vascello Antonio Sartorato. Quest’ultimo fino al 15 luglio del 2015 è stato distaccato al Ministero dei Trasporti, con un incarico delicato al Sesto Reparto Sicurezza della Navigazione: l’organo che controlla se le navi sono in grado di viaggiare e garantire l’incolumità di equipaggio e passeggeri.
I due ufficiali, insieme a Donadio, facevano parte del team misto, composto da Capitaneria e Ministero, deputato alle ispezioni sulle navi. Con il sospetto che abbiano “addomesticato” le verifiche. Così come avrebbero fatto tre funzionari del Rina, anch’essi indagati, complici delle richieste dei responsabili di Grandi Navi Veloci, Moby Lines e Corsica Ferries. La Procura teme una gestione molto amichevole, tra certificazioni sospette, controlli poco incisivi e scambi di doni o favori.
Il pm Cotugno per questo nuovo filone ha ipotizzato un reato molto grave: l’omessa vigilanza da parte della Capitaneria. Ma attenzione, la Guardia Costiera di Genova – con il suo braccio operativo che è la Sezione Tecnica – si occupa della prima parte di inchiesta sulla strage. E non è un dettaglio. Qualcuno ha già palesato un evidente conflitto di interessi. Per il momento tutto tace.
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