Sono 17 i sindaci toscani contro la direttiva del Pd toscano sulla gestione dei rifiuti urbani. La Regione nominerà un commissario. Scontro in seno al Pd tra la segreteria regionale e sindaci (Pd) di 17 comuni toscani. Alla base del dissidio la scelta del partito di vendere a un privato il 45% di Reti ambiente, la società costituita per raccogliere e smaltire i rifiuti in 101 Comuni toscani.
Hanno disertato l’assemblea dell’Ato Toscana Costa, l’assemblea dei Comuni di 4 province riuniti per la gestione dello smaltimento dei rifiuti, diciassette sindaci del Pd toscano. Una società unica, Reti ambiente, per pulire 100 paesi e città in 4 province (Massa, Lucca, Pisa, Livorno), che esiste solo sulla carta. Costituita nel 2011 Reti Ambiente (RA) non è mai stata operativa perché non sono mai entrate le aziende dei rifiuti Cermec di Massa Carrara e Aamps di Livorno, per la contrarietà del M5S che vuole continuare a far ritirare la propria spazzatura dalla propria società. Nonostante una sentenza del Tar (uscita da pochi giorni) non gli sia favorevole, il sindaco di Livorno intende proseguire per la sua strada, rinunciando a far confluire l’aamps, in Rete Ambiente. E a seguire il suo esempio ci sono 17 sindaci del Pd, soprattutto quelli che hanno sul proprio territorio gli impianti di smaltimento, in particolare le discariche, concentrate fra Chianni, Peccioli e Rosignano, contrari a privatizzare la gestione dei rifiuti. Un giro di affari sempre più in crescita quello della gestione rifiuti, che secondo molti potrebbe rappresentare una vera risorsa per i comuni.
Dalla Regione fanno sapere che ci sarà un commissariamento. E’ l’assessore regionale all’Ambiente Federica Fratoni a darne l’annuncio, dopo la decisione presa da Enrico Rossi. Il presidente della regione Toscana oltre alla frattura istituzionale deve far fronte alla spaccatura politica, visto che i sindaci sposano la posizione del sindaco pentastellato Nogarin.
I sindaci ribelli, capitanati da Luca Menesini (Capannori) e Del Dotto, ritengono che oggi non ci siano più le condizioni per privatizzare al 45%. Menesini, sarebbe propenso ad una società pubblica al 100%, Del Dotto, invece, propone di ridurre la quota da privatizzare «visto che gli investimenti necessari nel 2017 sembrano essere 45 milioni e non più 220 come nel 2011».
Dalla segreteria del partito fanno sapere che quando una decisione è presa a maggioranza, si rispetta. E per cambiarla occorrono studi su dati e statistiche come quelli che hanno fatto decidere l’assemblea nel 2011 a costituire l’Ato: «Per cambiare le decisioni sulla quota di privatizzazione, serve una nuova delibera dei sindaci. Si viene in assemblea».
Siamo agli inizi di uno scontro politico in seno al Pd e Nogarin ci ha messo del suo.
di Maila Ercoli @riproduzione riservata 16/11/17
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