Il 19 luglio 1944, 74 anni fa, i partigiani del Comitato di Liberazione Nazionale, seguiti dai reparti della V Armata dell’esercito degli Stati Uniti, entravano in quel che rimaneva della città di Livorno, dopo anni di occupazione, distruzioni e bombardamenti, liberandola dai nazifascisti.
Oggi si sono svolte le cerimonie in ricordo di questo momento determinante della storia cittadina. Alle 9.30 la vicesindaco Stella Sorgente, accompagnata dai rappresentanti delle istituzioni civili e militari e dai rappresentanti del Consiglio comunale, Giovanna Cepparello, e della Regione Toscana, Francesco Gazzetti, si è recata al Sacrario del Castellaccio per deporre una corona d’alloro e rendere omaggio alla Lapide ai Caduti Partigiani.
Le celebrazioni sono poi proseguite in via Ernesto Rossi, dove le associazioni ANPI, ANPPIA, ANEI e ANED hanno deposto una corona al Bassorilievo al Partigiano.
La giornata si è conclusa nella sala delle Cerimonie del Comune di Livorno, con gli interventi della vicesindaco Stella Sorgente e la prolusione di Marco Manfredi, di ISTORECO Livorno (Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea).
Di seguito il testo del discorso della vicesindaco, Stella Sorgente.
“Buongiorno a tutti e a tutte.
il 19 luglio di 74 anni fa io non c’ero.
Mi pare evidente. Non c’era nemmeno mia madre, che non era ancora nata.
E non c’era neppure la mia nonna, che nel corso del 1943, come molti livornesi, divenne una sfollata, si trasferì nelle campagne di Altopascio e, dopo la liberazione della città, riuscì a tornare a piedi a Livorno.
Io però quel 19 luglio di 74 anni fa l’ho visto.
Ho visto le immagini girate dagli alleati nel momento del loro ingresso in una Livorno completamente svuotata dai bombardamenti: una città che uno dei soldati americani presenti definì una città fantasma, che cade a pezzi.
Ho visto le istantanee dei partigiani del Decimo distaccamento, il cui contributo fu semplicemente determinante per la riuscita delle operazioni militari da parte dell’esercito alleato.
Ho visto gli scatti della città bombardata e ho ascoltato le testimonianze di decine di persone.
Insomma, ho esercitato il mio diritto alla memoria.
Un diritto che però, oggi, è certamente anche un dovere.
Sì, perché fuori da qui potrete anche trovare persone che provano a raccontare che ormai queste sono soltanto “storie del passato”. Che la guerra in Europa non è più neanche immaginabile. Che ricordare e celebrare questi anniversari, ormai serve solo a garantire visibilità alle associazioni dei partigiani e dei perseguitati politici o ai vari sindaci e vicesindaci di turno.
Ecco. E’ esattamente da questo benaltrismo che dobbiamo difenderci.
La società contemporanea sembra non avere più il tempo di fermarsi a riflettere sulle proprie radici. Il bisogno di vivere qui e ora, di concentrarsi esclusivamente sul presente ha un effetto collaterale devastante: tutte le scelte, specie quelle della politica, rischiano di essere prese sulla base di una convenienza a breve, brevissimo termine.
Le analisi dei problemi, lo studio della storia e l’approfondimento sul passato sono percepiti talvolta come impedimenti all’azione.
Il mito dell’uomo di azione che, prima ancora di pensare, fa, sta prendendo nuovamente il sopravvento sulla cultura della riflessione, dello studio e dell’apprendimento permanente.
Con il risultato che troppo spesso si pensa di poter dare risposte semplici a problemi estremamente complessi.
Siamo nell’era del tutto e subito, delle connessioni in tempo reale, della possibilità di vedere in diretta quello che accade dall’altra parte del mondo. E questo ha creato l’illusione che anche i problemi si possano risolvere in tempo reale. L’illusione che anche le istituzioni possano risolvere qualsiasi difficoltà (anche personale) nell’immediato.
Così ovviamente non è e non è mai stato.
Di sicuro non lo è stato nel secondo dopoguerra.
Nel 1960, a 16 anni dalla fine dei bombardamenti, Luigi Comencini girò un film sull’8 settembre. Il film si intitola Tutti a casa. Per ricreare sul set le condizioni di devastazione della guerra, il regista lombardo venne a girare le scene a Livorno che, per i gravissimi danni subiti, non era ancora riuscita a rimarginare tutte le ferite materiali. Credo sia la prova più plastica della fatica che ci è voluta per risollevare la nostra città.
Ecco allora che il 19 luglio non può limitarsi ad essere soltanto una corona d’alloro deposta al monumento ai caduti.
Il 19 luglio deve essere un esempio del coraggio che la città ha avuto nel sapersi rialzare.
Il coraggio dimostrato allora dalla resistenza partigiana livornese deve diventare la stella polare con la quale orientarsi in qualsiasi scelta.
Deve essere la capacità di lavorare con un’ottica di lungo periodo.
Il coraggio è investire nella cultura, nella storia, nella conservazione del patrimonio monumentale della città.
Il coraggio è valorizzare quella rete di associazioni che si occupano quotidianamente degli ultimi.
Il coraggio è fare scelte difficili e talvolta anche impopolari, ma con l’obiettivo di far risorgere una città, con una visione di lungo periodo.
Il coraggio è non arrendersi alla logica del “A Livorno si è sempre fatto così e così si deve continuare a fare”.
Il coraggio è dire che rossi e neri non sono uguali.
E’ dire che c’è sempre qualcuno che è dalla parte giusta della storia, così come c’è sempre qualcuno che è dalla parte sbagliata.
Oggi la parte giusta è qui: quella che si riconosce pienamente nei valori dell’antifascismo e della resistenza.
Il coraggio è quindi lavorare quotidianamente per fare in modo che la memoria diventi un esercizio costante e continuo.
Questo lavoro incessante lo stiamo portando avanti in vari modi e con diversi strumenti.
Ad esempio, con la collaborazione che si sta avviando fra Comune di Stazzema e Comune di Livorno per il progetto “Memoria partecipata sulla strage di Sant’Anna”. Abbiamo ricevuto infatti una gradita lettera da parte del Sindaco di Stazzema che propone al nostro Comune di collaborare con le scuole del territorio alla diffusione di un progetto che Stazzema, assieme ad altri comuni della Versilia, ha portato avanti nelle scuole del comprensorio. Ci hanno scritto perchè le scuole livornesi (in particolare il Liceo Enriques) partecipano sempre attivamente alla commemorazione dell’eccidio. Abbiamo risposto alla lettera del sindaco MaurizioVerona con entusiasmo.
La memoria storica la stiamo coltivando anche con la recente apertura del Museo della Città, che raccoglie in modo efficace il patrimonio culturale di Livorno. Ad arricchire l’allestimento anche un nutrito apparato fotografico che illustra l’evoluzione architettonica e urbanistica del secolo scorso, dalla costruzione dei primi edifici tardo ottocenteschi ai fabbricati in stile liberty, fino alle devastazioni della guerra. Un percorso espositivo che è già stato visitato da moltissimi nostri concittadini e che dovrà essere sempre di più fonte di attrazione turistica, ma anche meta necessaria per ogni percorso scolastico sulla storia di Livorno.
Soltanto la memoria degli errori commessi e la forza di rialzarsi può aiutare un paese come l’Italia e una città come Livorno a risollevarsi di nuovo.
Le carte in regola questa città le ha tutte, dal punto di vista culturale. A volte forse manca solo un po’ di coraggio, quella forza necessaria per affondare le radici della Resistenza nel futuro”.
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