La Toscana “ha bisogno di impianti che gestiscono i rifiuti speciali pericolosi innovativi e a basso impatto ambientale e per rispondere alle richieste dei distretti produttivi” e la politica, che ha in capo la pianificazione, “deve adottare scelte responsabili a salvaguardia di cittadini, lavoratori e aziende”. Così il presidente della commissione d’inchiesta Giacomo Giannarelli (M5s) si è espresso al termine del sopralluogo alla Lonzi Metalli e alla Ra.Ri, società a responsabilità limitata di Livorno sequestrate per presunti traffici illeciti di rifiuti, oggi dissequestrate, ma ancora ferme. E l’inattività, che ha costretto al licenziamento di oltre settanta persone (23 alla Ra.Ri e quasi 50 alla Lonzi) è stata più volte toccata nel corso della visita. Vero è, secondo quanto emerso in questa mattinata, che ci sono prospettive di riassunzione in entrambe le aziende. Lonzi risulterebbe già affittata a una società di nuova costituzione ‘Liveco’ (Livorno ecologia) e anche se ancora non operativa, da quanto dichiarato dalla responsabile tecnica Francesca Aiello, esiste una previsione di investimento di 2,5 milioni che prevede la copertura di tutte le baie (vasche di raccolta) tranne quelle che contengono il legno perché, come suggerito dai vigili del fuoco, per evitare incendi è preferibile che il materiale sia collocato in una zona scoperta. Lonzi tratta rifiuti secchi, non pericolosi, tra cui materiale proveniente dalla Revet, quindi plastica e vetro, assimilabili all’urbano. Attualmente, si trovano nelle baie dove erano state collocate prima del sequestro e il percolato che si forma, dovuto al fermo dell’azienda “perché in condizioni dì operatività il rifiuto secco non produce percolato”, viene raccolto con regolarità (la prossima raccolta è prevista tra qualche giorno). Ra.Ri gestisce solo rifiuti pericolosi. Un suo ramo di azienda potrebbe essere acquisito dalla società ‘Ireos’, che dovrebbe provvedere, oltre alla riassunzione del personale, anche a un ammodernamento dell’impianto. I rifiuti stoccati, cioè quelli lasciati lì a seguito del sequestro, attualmente risultano essere materiale terroso proveniente dalle industrie, in parte già trattato e pronto per il ciclo successivo, in parte ancora da trattare. La disponibilità, che “imprese italiane” abbiano manifestato interesse per entrambi i due impianti, è stata accolta con soddisfazione dal presidente Giannarelli: “Significa che potrebbero essere possibili investimenti anche migliorativi sotto il profilo ambientale oltre a dare lavoro a chi lo ha perso”. Nel corso del sopralluogo è stato toccato anche il tema della delocalizzazione che, ha ricordato il presidente, “è un tema già affrontato dal Comune di Livorno, ma deve essere affrontato di concerto con la Regione. È la regione a dover individuare le aree non idonee e i criteri di localizzazione degli impianti. Ancora una volta – ha continuato – dobbiamo fare in modo che tutte le istituzioni lavorino per la soluzione dei problemi”. “Il nostro lavoro, così come questa commissione, nasce anche dalle istanze dei cittadini che si aspettano risultati”, ha commentato il vicepresidente della commissione, Francesco Gazzetti (Pd). “Questioni delicate come quelle legate a due realtà livornesi, che oggi abbiamo potuto visitare, ci spingono ad un approfondimento anche se, nel rispetto di quello che è il perimetro di questa commissione, constatiamo che Lonzi e Ra.Ri, due impianti e non due discariche, non sono più sotto sequestro”. Per Gazzetti, comunque, la conoscenza del territorio e delle singole realtà sono tutte “occasioni di conoscenza che ci aiuteranno anche nella stesura della relazione finale”. Insieme a presidente e vicepresidente erano presenti anche i consiglieri Monica Pecori (gruppo misto-Tpt), Paolo Marcheschi (Fratelli d’Italia) ed Elisa Montemagni (Lega). Sono intervenuti anche l’assessore all’ambiente del Comune di Livorno, Giuseppe Vece, l’amministratore unico di Ra.Ri, Robi Morreale e il direttore tecnico di Lonzi e Ra.Ri, Francesca Aiello.
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