Nella giornata di ieri 25 maggio Francesco Sanna, autore insieme a Gabriele Bardazza del volume “Il caso Moby Prince la strage impunita”, e consulente volontario dei familiari delle vittime, ha raccontato al giornalista Stefano Vidori le ultime risultanze dell’indagine privata curata in collaborazione col co-autore.
Ad integrazione di quanto già evidenziato da Stefano Vidori nel servizio del TGR RAI andato in onda ieri sera nell’edizione delle 19:30, Sanna intende precisare quanto segue:
“Credo di aver completato il puzzle della ricostruzione storica e sono a disposizione della Procura di Livorno per fornire le prove di quella che, ai miei occhi e credo ad un’analisi dettagliata di queste ultime, si configura come una strage. Strage, quindi, sequenza di scelte deliberate volte ad uccidere una o più delle 140 vittime del Moby Prince.
Il quadro emerso dalle ultime novità da noi raccolte, rappresenta la notte tra il 10 e 11 aprile 1991 in modo abbastanza chiaro e descrive il coinvolgimento dell’Agip Abruzzo in un’operazione di traffico illecito. Un’operazione descritta da un documento del SISMI del 2004 come riferibile ad una “Rete di traffici paralleli (armi, scorie, rifiuti tossici)” e inserita nel collegamento tra l’Iraq 1990-91, con la fine della guerra del Golfo, l’Italia e infine la Somalia.
Dall’analisi di un video amatoriale conservato per 27 anni e mai fornito all’autorità giudiziaria, è possibile desumere che le esplosioni avvenute a seguito della collisione tra Moby Prince e Agip Abruzzo siano riferibili a quel tipo di “prodotti” e non alla dispersione di gas derivanti dalla fuoriusciti di idrocarburi che quindi, presumibilmente, non erano presenti nella tank speronata.
Lo scenario da noi ricostruito prima della collisione racconta quindi di una situazione programmata, dove accanto all’Agip Abruzzo stazionava una nave militarizzata americana, mai identificata, che avremmo riconosciuto nella “America Cargo Vessel” chiamata in causa sul canale di soccorso marittimo dal comandante della nave, anch’essa militarizzata americana, Gallant II. Quest’ultimo, Mikail Theodossiou, incalzato dal comandante di America Cargo Vessel in relazione al tentativo del comandante dell’Agip Abruzzo Renato Superina di segnalare la posizione esatta della scena dove si svolgevano i fatti, chiede esplicitamente a questo di “take care of” (avere cura) del “problema” della rivelazione di tale scenario.
Proprio quel passaggio innesterebbe a mio parere l’innesco della strage che comunque con la massima umiltà ricordo che spetta alla Procura di Livorno accertare nei termini corretti della giustizia penale. Una Procura che, sotto la guida di Ettore Squillace Greco, mi porta a nutrire la massima fiducia sugli esiti di tale accertamento.
Sono molteplici i rivoli opportunistici collegati a questa vicenda. Le prove raccolte e il quadro storico ricostruttivo rendono a nostro parere palese che alcune figure apicali del sistema economico livornese e del suo mondo portuale abbiano conosciuto porzioni rilevanti della verità di quanto accaduto quella notte e se ne siano servite per negoziare condizioni favorevoli per sé e per le proprie imprese. Tutti comportamenti dei quali difficilmente potranno essere chiamati a rispondere dalla magistratura, considerati i termini di prescrizione dei reati commessi.
Tuttavia, passati 28 anni, credo utile invitare queste persone a mettersi al servizio della Procura di Livorno e di quella di Roma, luoghi di espressione della giustizia di questa Repubblica, per consentire a queste di fare piena luce sull’accaduto e determinare così le condizioni per garantire la giusta ricompensa ai familiari delle vittime. Familiari che in un questi anni hanno subìto le conseguenze nefaste di questi comportamenti omissivi. Mi permetto di consigliarlo ritenendolo un giusto percorso di espiazione per quanto accaduto, doveroso, ancor prima che necessario.
Tra queste figure è ovviamente incluso l’armatore della Moby Prince: Vincenzo Onorato. Per il quale riteniamo la magistratura, e ancor prima la Commissione d’inchiesta, abbia acquisito materiale sufficiente a descrivere il contributo a lui riferibile in questo caso. Un contributo in larga parte riferibile alla questione assicurativa e alle successive condizioni favorevoli raggiunte negli anni in forza di quell’accordo che, suo padre, sottoscrisse per suo conto il 18 giugno 1991 con rappresentanti delle imprese statali SNAM e Agip – oggi ENI – i relativi assicuratori e l’unica società che ha pagato i risarcimenti ai familiari delle vittime: the Standard steamship owners’ protection and indemnity association (Bermuda) limited.
Assicuratore quest’ultimo che ancora oggi ha chiusa nel cassetto una parte della verità su quanto accaduto la notte tra il 10 e l’11 aprile 1991 davanti al Porto di Livorno e costata la vita a 140 vittime innocenti”.
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