Non c’è musica più dolce e affascinante, elettrizzante e galvanizzante di quel ticchettio; sì, quel ticchettio delle scarpette che impattano nervosamente sul cemento del pavimento lungo trenta-quaranta metri: parlo del sottopassaggio che immette al campo. Parlo del tunnel che porta dagli spogliatoi al palcoscenico e che termina con una quindicina di scalini, che in certe occasioni, come in questa, sembrano infiniti. Quando sei sotto, nelle viscere dello stadio, già senti che su, in alto, gli spalti ribollono. Poi man mano che ti avvicini il rumore cresce, il frastuono si amplifica e i tuoi battiti del cuore vanno immediatamente a ritmi da derby.
Conosco il sottopassaggio: per anni ha avuto i muri scrostati con il bianco della tinta fatto prigioniero dall’umidità. Lì ci sono passati tutti i nostri Grandi. Lì puoi già vincere le partire se guardi negli occhi l’avversario e lo punti come fa la tigre poco prima si avventarsi sulla preda. Lì, poco prima che l’arbitro dia il via libera per salire gli scalini del sottopassaggio, già partono messaggi importanti, se si sanno far partire. Maurino Lessi li sapeva far partire; Costanzo Balleri e Armando Picchi avevano altrettanta abilità a “comunicare”. Lucarelli e Protti, ma anche Davide Balleri o Passoni, Chiellini, Melara, Cannarsa e Fanucci – tanto per citare alcuni “ragazzi” che ci portarono dalla B alla A -, avevano la capacità di trasmettere all’avversario la loro voglia di vincere, soprattutto di far capire che del campo e dello stadio ardenzino erano loro i padroni.
Guardate, non me la sento di andare a pescare statistiche dei derby col Pisa, di rivisitare questa o quella partita; men che mai di pescare nel pozzo della storica rivalità. In questo momento con il Livorno ultimo e drammaticamente in possesso di tutti i numeri negativi della classifica e per di più a un passo da 90 minuti destinati a cambiare nel bene o nel male il suo destino mi aspetto solo che finalmente questa squadra “esca” dal sottopassaggio, riesca a strappare il cordone ombelicale e inizi a camminare e raccogliere per ciò che vale. E io sento che tutto ciò accadrà, perché in queste prime otto partite di campionato è già successo tutto ciò che di solito accade in otto stagioni. Parlo di errori, ma anche fatalità; parlo di arbitraggi e beffe; parlo di infortuni e espulsioni.
Non può continuare così: mi hanno insegnato che quando c’è un progetto di gioco prima o poi i risultati arrivano. Il progetto c’è, gli interpreti pure. Come disse un personaggio famoso i derby non si giocano, si vincono. Ma per vincere bisogna uscire dal tunnel, anche metaforicamente parlando. E questa è l’occasione giusta. Già sento il ticchettio dei tacchetti e la sinfonia sugli spalti. Dai Livorno, sfilati quella magliaccia nera in dotazione agli ultimi, indossa quella amaranto, fatta di storia e tradizioni. E finalmente “esci” dalle viscere dello stadio, ispirati ai nostri Grandi del passato e del passato più recente; rinasci, risorgi, conquista il tuo pubblico, ritagliati un posto nella storia che dura dal 1915.
di Sandro Lulli
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