Invitano anche questo giornalista “rottamato” e allora vado, perché a una conferenza di Andrea Luci andrei anche alle 6 del mattino, o a mezzanotte. Figurarsi alle 14, in un Centro Coni dove un solicchio insistente mitiga in parte il freddo pungente e al contempo mette allegria colorando i campi da gioco di verde smeraldo. Guardi l’impianto di preparazione olimpica e ti assalgono mille bei ricordi di un Livorno che seguivi con una passione smisurata e lo stesso sguardo di quando tuo figlio iniziava a muovere i primi passi. E ancora dopo oltre quarant’anni, l’emozione è la stessa, l’amore pure, l’affetto identico al pari della partecipazione alle vicende di una squadra alla quale mi sento ancor più vicino perché se la passa male: e io sono sempre stato uno che tende la mano a chi è in difficoltà, che si spende per chi annaspa. Tutto l’opposto, invece, di chi è pronto a lucidar le scarpe a quelli sulla cresta dell’onda.
E dunque eccolo Andrea Luci, classe ’85: come mio figlio. Gli stringo la mano e poi non perdo una sua parola, perché questo ragazzo è veramente uno che ama la maglia, indossata trecento volte; è uno che pur toccato duro dalla sorte nei suoi affetti affronta i problemi con una maturità da prendere ad esempio. E’ anche un giocatore – e questo non lo dimenticherò mai – che andò in campo due giorni dopo la morte improvvisa dell’amatissimo padre Mauro, solo 62 anni, stroncato da un infarto il 5 dicembre del 2017 e risultò anche tra i migliori. Ecco perché per me Andrea è e resterà sul gradino più alto assieme ai grandi della nostra storia calcistica lontana, meno lontana e più recente.
SPERANZA. “Quando vidi questo gruppo al lavoro nel ritiro estivo – confida il capitano che parla a nome della squadra – giuro che pensai subito che avremmo lottato per la promozione. Perché questa squadra vale molti, molti più punti degli undici che abbiamo messo assieme in quindici partite, ma non ce l’abbiamo fatta, per errori nostri anche di superficialità e altro. Ora dobbiamo cambiare registro”.
SCUSE. Poi prosegue: “ E nel frattempo chiediamo scusa a tutti i tifosi e vorremmo anche appianare le incomprensioni con la Curva. Alcune volte non siamo andati sotto a salutare e questa è anche colpa mia, ma dalla partita col Benevento vogliamo dare una svolta e ricucire i rapporti sotto tutti i punti di vista con la città. Faremo il possibile, daremo anche quello che non abbiamo affinché questo confronto con la capolista serva per rilanciarci e appianare i problemi con tutta la tifoseria e anche con la stampa, perché anche la componente dei giornalisti è importante. Adesso è inutile dire è colpa di quello e di quell’altro: così non si va da nessuna parte, dobbiamo stare uniti”
SPETTRO. Il patto fatto nello spogliatoio è di evitare ad ogni costo la retrocessione. “Perdere la categoria, tornare in serie C, sarebbe un disastro. Una umiliazione per noi vecchi che rischieremmo di non vedere più la serie B, sia per i giovani che difficilmente vi potrebbero tornare dopo aver dimostrato di non essere all’altezza. Ma ripeto qui nessuno è rassegnato”.
22 PARTITE. Poi Andrea Luci chiarisce meglio il concetto: “Abbiamo ancora da disputare ventidue partite, cioè ci sono in ballo 66 punti, tanti. Con così tanta strada davanti e così tante motivazioni che sentiamo di avere tutto è possibile. Faccio rilevare che attualmente abbiamo giocatori che per un motivo o l’altro hanno espresso appena il 30% delle loro potenzialità e da ora in poi si tratta di tirare fuori tutto ciò che abbiamo”.
TRAMEZZANI. Appena tre allenamenti (con quello di oggi) con il nuovo tecnico Paolo Tramezzani. “Non posso dire cosa è cambiato; posso però dire che Paolo Tramezzani ci ha già trasmesso la sua determinazione e il suo grande entusiasmo. Il tecnico ci stima come gruppo e sono sicuro che la sua freschezza e la sua competenza finiranno per pesare. L’esonero di Breda? Quando c’è un cambio di allenatore è una sconfitta per i giocatori. Ora tutti hanno identiche possibilità di giocare”. Ma tatticamente, Tramezzani, cosa pretende? “Per ora è stato chiaro: pretende poche cose ma fatte bene”.
I GOL. Concretizzare. Segnare di più. “Sappiamo bene tutti che sinora abbiamo avuto anche il problema del gol. I nostri attaccanti si stanno impegnando ma sanno anche che ciò non basta. Hanno tutta la nostra comprensione, sappiamo bene quanto soffre un attaccante che ha smarrito la via della rete. Dunque faremo tutti di più per aiutarli e al contempo cercheremo tutti di andare maggiormente alla conclusione a rete”.
SPEZIA. La caduta di Spezia ha lasciato il segno. Rivela: “Durante il riscaldamento non avevo mai visto tanta concentrazione. Poi siamo andati in campo e per i primi 15’ non siamo esistiti. Nel momento in cui stavamo uscendo e tornare in partita abbiamo preso il gol, sempre su errori nostri”.
BENEVENTO. Andrea torna sull’importanza di un clima sereno: “ Abbiamo bisogno di tutti, chiedo un grande sforzo da parte dei tifosi per le prossime partite; se vogliamo raggiungere la salvezza dobbiamo restare uniti e creare un ambiente più tranquillo possibile. L’anno scorso girammo a quota 15, magari adesso possiamo fare meglio vediamo, tuttavia la condizione per rilanciarci è la tranquillità, senza quella non andiamo da nessuna parte”. Come vedi il Benevento? “Il Benevento è una squadra che lotta su ogni pallone, concede pochi spazi, non crediamo che abbia un atteggiamento bonario da capolista appagata, perché le squadre di Pippo Inzaghi sono animate, come lo era il Venezia, da grande determinazione e da una fase difensiva molto forte, oltre ad avere attaccanti temibili. Quindi è una squadra difficile da affrontare, ma dobbiamo entrare in campo decisi a volerla vincere questa partita”.
E l’uomo della vita da mediano “abituato a rubar palloni e a lavorare sui polmoni” chiude e se ne va. Amici cari, siamo a un bivio. Ognuno faccia ciò che gli dice il cuore e gli suggerisce la coscienza. Io questi ragazzi in maglia amaranto che se la passano male li guardo ancora con lo sguardo innamorato di una volta e nel mio piccolo una mano gliela do. Perché hanno la faccia pulita e tanta voglia di riscattarsi.
di Sandro Lulli
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