Avremmo voluto usare il plurale, francamente, ma anche così rende l’idea: le conseguenze della crisi sanitaria sul calcio sono e saranno tremende. Oltre ad aver sospeso campionati e coppe varie questo stop avrà sicuramennnte una grande influenza su come diverrà il mondo del calcio in futuro, vediamo di esaminarle per quanto possibile.
Innanzituttto le ripercussioni economiche cambieranno gli scenari del mercato trasferimenti, appare evidente che i prezzi dei cartellini dei giocatori verranno calmierati globalmente, essi derivano essenziamente dalla capacità di spesa dei singoli club ed è chiaro che un bilancio che dovrà fare a meno per metà anno (se va bene) degli incassi dei biglietti, dei mancati abbonamenti, della perdita del merchandising e di ridotti introiti dagli sponsor e dalle televisioni di conseguenza offrirà molto meno possibilità di spesa. La cosa potrebbe anche non essere così negativa come sembra, perché si potrebbe ristabilire un equilibrio che ora non c’è tra la realtà ed il mondo dorato dei sogni che è diventato il calcio. Se però tutti partissero allo stesso modo, ma non è così; ci sono infatti società che hanno impegnato persino gli incassi futuri, per non parlare dei diritti televisivi non ancora riscossi, le quali a rigor di logica dovrebbero essere le prime a cercare di trovare un’ancora di salvezza nella vendita dei pochi pezzi pregiati che hanno in organico. Prendiamo ad esempio il Brescia, praticamente retrocesso in B, che con la vendita di Tonali potrebbe trovare quella scialuppa di salvataggio utile per non sparire, anche se chiaramente si aprirà un’asta tra le poche in grado di offrire contanti e non scambi di giocatori. Un’altra conseguenza della situazione di crisi attuale è che si dovrebbe cogliere la palla al balzo per una riforma dell’intero settore calcistico Italiano; infatti restando così le cose poche sarebbero le società in grado di iscriversi al prossimo campionato tra le 102 squadre professionistiche attuali. Qui c’è il dilemma: lasciare che le cose vadano come previsto, semplicemente non rimpiazzando chi non si iscrive e di conseguenza rimodellare poi le varie categorie, con magari una A ed una B a 18 squadre ed una C con 2 soli gironi od intervenire prima cambiando radicalmente tuttto? Girano le soluzioni più strane in questi giorni e tutte partono dall’attuale Serie C ( ricordiamo che il termine Lega Pro appartiene al passato anche se viene tutt’ora usato): la più recente prevede, senza entrare nel merito di come si attuino promozioni e retrocessioni, una A a 20 squadre ed una B a 40 divise in 2 gironi da 20 con ripescaggio di almeno 18 squadre dai 3 gironi della Serie C attuale; la terza serie (ex Serie C) verrebbe a far parte della Lega Dilettanti. Ora, a parte che non si capisce bene la fine che farebbero le 2 ultime dell’attuale Serie B (tra cui c’è il Livorno), ma ci sono un’infinità di problemi che sorgerebbero, ai quali gli “ideatori” di questa proposta che dovrebbe essere votata giovedì 7 maggio dall’assemblea della Serie C per poi in caso essere proposta al Consiglio Federale per l’approvazione, non pare abbiano pensato:
- i giocatori attuali della Serie C con contratti pluriennnali come fanno a diventare “dilettanti”?
- Siamo sicuri che esista un’emittente in grado di accollarsi le spese per i diritti tv di 40 squadre di B?
- l’attuale mutualità per la C che verrebbe riasssegnata alla B coprirebbe le maggiori spese (messa a norma degli impianti, trasferte ecc.) ?
-
Cosa fa pensare che i club esclusi dal ripescaggio in B si accontentino di poter pagare meno tasse rispetto a prima e non si rivolgano ai tribunali per entrare anche loro a far parte della nuova B?
Tutto questo naturalmente dando per scontato che il Governo dia la possibilità alla FIGC di modificare in tal maniera i format e che nessuno si opponga alla cosa; ricordiamo infatti che per modificare una norma in corso c’è bisogno di modificare PRIMA le NOIF (Norme Organizzative Interne Federali) che impediscono ogni modifica, per cambiare le NOIF c’è bisogno dell’unanimità, chi è che può pensare che l’AIC (Associazione Italiana Calciatori) o l’AIA (Assssociazione Italiana Arbitri) o l’AIAC (Associazioone Allenatori Italiani) siano d’accordo con la perdita di centinaia di posti di lavoro?
Ancora una volta, ricordando come per uscire dalle crisi ci sia bisogno di idee e persone valide, al momento bisogna notare come in Italia tra Governo e “Reparto Calcio” manchino entrambe.
Lascia un commento