In vista della programmazione autunno-invernale di Telecentro con i relativi approfondimenti sui temi della politica territoriale (domani, lunedi 28 settembre, alle 20,30 trasmissione post elettorale), anche Livorno24 fa il punto ad urne definitivamente chiuse sul recente risultato delle elezioni regionali che molto hanno fatto discutere. Lo facciamo con Sergio Nieri, collaboratore di Tg News.
Allora Sergio, i sondaggi avevano fatto pensare ad un epilogo diverso.
In parte è vero. Da alcuni anni il sondaggio come tale ha cessato di essere una “previsione” sul risultato delle elezioni per diventare un elemento di suggestione psicologica. I campioni di riferimento sono discutibili, ma soprattutto si sono decuplicate le agenzie autorizzate.
Ne scaturisce quasi sempre una tendenza molto reclamizzata sulla stampa che alla fine viene regolarmente smentita dalla realtà. Probabile che Giani avesse la vittoria in tasca, ma che si dovesse alimentare sfiducia nei suoi confronti per giustificare un “serrate le fila” tra le forze riconducibili al centro sinistra e oltre per mettere in ghiaccio il risultato finale.
Lo stesso è accaduto in Puglia e in Campania dove peraltro i tassi di partecipazione al voto sono da qualche anno bassissimi. Nelle Marche no perché troppo recente era stato il rovesciamento delle carte in Umbria, regione strutturalmente simile a quella marchigiana dove il centro destra aveva fatto man bassa solo un anno fa valorizzando la questione morale.
Ma la Toscana con Giani rimane una Regione “rossa”?
Si come ispirazione culturale, no come pratica politica. L’intervento di Salvini e Meloni in questi contesti ha risvegliato il voto di “diga” al populismo, al sovranismo e in ultima analisi a quel “negazionismo” della pandemia che il mainstream ha prepotentemente attribuito a Lega e Fratelli d’Italia per disorientare l’elettorato moderato del lavoro autonomo e delle professioni.
Cioè quel fronte altrimenti silenzioso e sofferente, tutto sommato orfano di rappresentanza, che anche in Toscana avrebbe potuto virare potentemente a destra, complici gli effetti economici e finanziari del lockdown.
E allora che è successo, secondo te?
E’ successo che quel fronte invece ha preferito astenersi,mentre Giani,grazie anche alle liste civiche più o meno progressiste di supporto,ha attratto il voto cattolico, la “destra buona” e probabilmente buona parte di quella sinistra che da alcune tornate elettorali sta facendo registrare pericolosi segni di usura e di sfarinamento. Se a tutto questo aggiungiamo la progressiva eclissi del Movimento a 5 Stelle, ne deriva la formazione di un campo largo di cui il Pd sta diventando forza di attrazione e al tempo stesso di snaturamento delle istanze progressive di una sinistra sempre più incapace di rappresentare le privazioni dei ceti popolari.
Settori questi sempre più colpiti dalla crisi del modello economico regionale e per di più sottoposti al controllo del regime sanitario, complice l’iper normativismo della gestione di Enrico Rossi.
Ha vinto il partito della mascherina, insomma, che non è esattamente un propellente della partecipazione di destra, ma neanche di quella di sinistra. Quanto un alimento di nuove paure, certamente più stabilizzanti di quelle sparse da Salvini con il mantra dell’insicurezza generata dall’immigrazione clandestina.
Un gioco e una narrazione che evidentemente non gli riescono più, a tutto vantaggio di un Pd forza “tranquilla”, ma anche, per default, di un”fascismo sociale”che dalle nostre parti come nel Paese può crescere, ma non più di tanto. Da qui l’incremento quasi ovunque di Fratelli d’Italia,l’avversario concettualmente più gradito dal nuovo centro sinistra di Zingaretti, Conte, Grillo e soci.
Ma non è che il modello Giani assomigli a quello che un anno fa determinò la vittoria di Salvetti?
Fatte le debite proporzioni direi di si, anche se il plebiscito per Giani rispetto alla debolezza della Ceccardi è stato evidente. Complice ovviamente il voto disgiunto che ha orientato il voto di buona parte del Movimento a 5 stelle e sfarinato quello di Toscana a Sinistra.
Ma qualcosa credo gli sia arrivato anche dalla destra di Forza Italia e dintorni. Più interessante il voto delle liste rispetto al 58 per cento scarso degli aventi diritto al voto.
Qui il Pd centripeto mantiene i suoi 24 000 voti delle comunali di un anno fa,dunque non guadagna niente in valori assoluti pur confermandosi come stella polare del sistema politico locale che con Giani “deciderà”ovviamente su Darsena Europa, Ospedale Pirelli, ricadute del Mes sul sistema sanitario territoriale, sviluppo della piccola e media impresa e ovviamente urbanistica a vario titolo con il tema connesso della partecipazione smarrita.
La Lega, pur secondo partito, rispetto al 2019 travasa circa 4000 voti a favore di Fratelli d’Italia, che da parte sua fa registrare l’incremento relativo più importante in queste elezioni regionali grazie alla popolarità di Giorgia Meloni e dei suoi rappresentanti nei quartieri popolari lambiti dalla crisi e dall’insicurezza sociale.
Tempi duri per i 5 stelle che cedono quasi settemila voti rispetto al 2019, con tutta probabilità dopo essersi “turati il naso”a favore di Giani per sconfiggere l’ex alleato Salvini.
Non pervenuta come detto la Sinistra, anch’essa dispersa in mille rivoli e con un forte problema di identità (e forse di leadership) che l’esperienza di Buongiorno Livorno, più locale, non sembra più in grado di risolvere in chiave maggioritaria.
Discorso a parte meritano le listine di contorno al “fenomeno” Giani che non esprimeranno consiglieri regionali (ma forse un assessore) e che per questo sfumeranno in un ruolo e in uno spazio politico assai più marginale di quanto non abbiano avuto in Comune, con il duo Salvetti (Casa Livorno) e Cepparello (Futuro) saldamente alla tolda di comando anche nelle partecipate e negli enti strumentali.
Resta da capire per quanto tempo ancora, con un Pd così forte e consolidato che potrebbe reclamare uno spazio maggiore nelle cosiddette scelte “di sistema”.
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