“Ci sono le prove che i soccorsi non ci furono. Se qualcuno fosse stato sotto bordo non sarebbe annegato il povero barista Esposito, il suo orologio era fermo alle 6…”. Il vescovo Simone Giusti grida il suo sdegno: “Altro che nebbia ed errori del comandante….”. Gregorio De Falco: “Ho tanto apprezzato le parole del Monsignore, sentire anche la Chiesa che chiede giustizia dà coraggio alla lotta dei comitati. Spero tanto che Loris Rispoli riprenda presto il proprio posto, è troppo importante”
di Sandro Lulli
Comandante De Falco, con il recente trentennale della strage della Moby Prince è arrivata una condanna unanime dalle Istituzioni, alla quale, tra l’altro, ha dato ampio spazio anche “Livorno24”.
“Vero, l’ho notato e mi ha fatto tanto piacere. E se penso ai parenti delle 140 vittime credo che si siano sentiti meno soli e più incentivati ad andare avanti, perché è chiaro che le 140 vittime invocano giustizia. Mi auguro davvero che Loris Rispoli torni presto al proprio posto, è troppo importante, c’è bisogno della sua personalità”.
Comunque per il trentennale sono arrivati messaggi chiari e incisivi dal presidente della Repubblica Mattarella e dalla ministra della Giustizia Cartabia, con quest’ultima che ha invitato i magistrati della Procura di Livorno a fare il passo decisivo…
“E mi auguro che questo passo sia fatto perché sono chiarissime le conclusioni cui è arrivata tre anni fa la Commissione d’Inchiesta al Senato; in quelle pagine è racchiusa la verità che non è uscita minimamente dai processi”
L’inchiesta aperta dalla Procura di Livorno verte sui reati non prescrivibili…
“Certamente, l’unico è quello per strage, del resto come chiamarla diversamente”
In questo senso ho trovato straordinaria e coraggiosa la durissima predica nella liturgia in Duomo del vescovo Simone Giusti, che da tempo ha conquistato il cuore della città. Monsignor Giusti, che ha ben studiato le carte, in sostanza ha detto che non è stata una tragedia ma una strage, ha messo nel mirino perizie sbrigative e sottolineato come tante testimonianze siano state fatte scomparire nel nulla.
“Posso dire? Fa bene al cuore vedere che la Chiesa si unisce alla richiesta di giustizia e verità di chi piange i propri morti. Il vescovo Giusti in pratica ha gridato al mondo che ci sono state indagini fatte male e la totale incapacità della Capitaneria a guidare i soccorsi”.
Monsignor Giusti ha pure detto: “Altro che nebbia o una distrazione del comandante del traghetto…”
“Esatto. Il vescovo ha centrato il problema. E’ un processo da rifare”.
Comandante, soccorsi inesistenti: perché secondo lei?
“Il perché non lo so. Ricordo a suo tempo la precisa testimonianza dell’allora ispettore generale delle Capitanerie Giuseppe Francese che affermò che il coordinamento dei soccorsi si ebbe solo dopo le cinque del mattino, quando ormai la strage era compiuta. La collisione risaliva alle 22,25…”
Tutti a soccorrere l’Agip Abruzzo, nessuno a cercare l’altra nave…
“Questa è la verità. Il perché è intuibile. I fatti sono questi. A bordo della petroliera tutti salvi, a bordo della Moby tutti morti meno uno”.
Un altro cercò la salvezza gettandosi in mare, come Alessio Bertrand, salvato da Mattei e Valli. Era il barista siciliano Francesco Esposito, 43 anni, ma in quel momento sottobordo non c’era nessuno, morì annegato…
“L’orologio del povero Esposito era fermo alle ore 6. Capito? Alle sei del mattino, il suo corpo venne ritrovato attorno alle 9,30 da una motovedetta della Guardia di Finanza”.
E c’è un altro mistero: l’autopsia avrebbe accertato che nei polmoni di Esposito era presente nafta ed i suoi vestiti erano intrisi della stessa sostanza. Ma a bordo dell’Agip Abruzzo su ammissione del comandante Superina c’era solo Iranian Light, sostanza diversa. Quindi?
“Potrebbe essere materiale perso da un altro mezzo coinvolto nella collisione, si è parlato di una bettolina. Resta il fatto che Esposito poteva essere salvato e con lui molti altri, sarebbe bastato effettuare la ricerca del traghetto. Tanto più che alle 23,30 i 32 dell’Agip Abruzzo erano tutti in salvo, quindi da quel momento c’erano anche più mezzi disponibili”.
I comandante Sergio Albanese ha dichiarato che non essendoci via di fuga a bordo non c’era neppure una via per entrare e soccorrere.
“Lo ripeto, l’ho già detto altre volte: questa è una grande sciocchezza. I passeggeri non avevano indumenti di protezione contro le fiamme. I soccorritori avrebbero avuto respiratori, tute ignifughe per crearsi una via d’ingresso. Sarebbe bastato utilizzare i rimorchiatori per trasportare i vigili del fuoco e al contempo piazzare i mezzi con le pompe d’acqua per raffreddare lo scafo, il tempo c’era, la Moby era fatta per resistere al fuoco per alcune ore”.
Ha mai pensato se a dirigere le operazioni fosse stato lei?
“Nel 1991 ero ancora giovane. Poi per dieci anni ho lavorato e studiato e fatto pratica di soccorsi marittimi a Santa Margherita Ligure, Genova, Mazara del Vallo e quindi a Livorno, dove mi capitò il caso della Costa Concordia. Io cosa avrei fatto? Se avessi trovato uno scenario lacunoso come è stato trovato _ mancava una nave della collisione _ avrei colmato le lacune predisponendo una ricognizione da terra; ed anche via mare, anche attraverso i radar delle molte navi, 12, che si trovavano in rada e già comunque vedevano a viste, tant’è che l’Agip Napoli lo dice che vede una nave in fiamme. Poi avrei fatto entrare in scena la Marina Militare che in servizio H24 aveva un elicottero e una nave. Con la ricerca strumentale, la ricerca ottica e via mare la Moby Prince sarebbe stata trovata subito e a quel punto sarebbe stata attivata l’attività anti incendio; tutto e tutti in quella fase si sarebbero concentrati per attaccare le fiamme. Altro che morti tutti in mezz’ora…”
Comandante, crede in un nuovo processo?
“Ci penso e ci spero ogni giorno per le tante vite spezzate, per i loro cari, per tutti coloro che si battono da trent’anni. Per la giustizia”.
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