Ecco l’originale del documento che Franco, scomparso nel 2003, consegnò ai magistrati tre giorni dopo la strage a cui aveva assistito da un terrazzo sul mare di viale d’Antignano. Fu scambiato per nebbia il fumo delle fiamme dopo la collisione. Ma tutto cadde nel dimenticatoio. Mio fratello era un marinaio e uno skipper, sapeva ciò che affermava. Alla stessa conclusione è arrivata, due anni fa, la Commissione d’Inchiesta al Senato presieduta da Silvio Lai: quella notte massima visibilità.
Grazie a Livorno24 (e all’editore Riccardo Orsini), l’unico mezzo d’informazione cittadino che mi consente di divulgare questa preziosa testimonianza _ come giorni fa con l’intervista al comandante De Falco _ sulla nebbia che non c’era la maledetta notte del 10 aprile 1991.
di Sandro Lulli
E’ giusto rivelare questa importante testimonianza, che negava la presenza di nebbia, resa tre giorni dopo _ in pratica due _ la strage della Moby Prince, avvenuta a 2,5 miglia dal porto, praticamente al largo di Antignano. L’iniziativa fu di mio fratello Franco (in foto), che allora aveva 41 anni e ci lasciò nell’autunno del 2003 a causa di una malattia che non dava scampo. Franco, con studi alle facoltà di Medicina e Scienze Politiche di Pisa, era anche un marinaio che andava per mare da vent’anni; e pure uno skipper di esperienza e talento (ha percorso in lungo e largo tutto il Mediterraneo, senza contare come conosceva il tratto di mare sulla nostra costa). Insomma, uno di quelli ai quali bastava un’occhiata per capire il meteo; avere orientamento, valutare forza del vento e distanza in miglia in mare. Però lui e altri testimoni non furono tenuti in considerazione. Facevano troppo comodo le tesi della nebbia da avvezione (formazione improvvisa di un banco), l’errore umano e la poca attenzione in concomitanza della partita di Coppa delle Coppe Juve-Barcellona, tutte ipotesi rivelatesi infondate.
“Vedevo tutte le navi in rada”
Alle 22,30 _ e forse meno _ Franco Lulli si accorse della collisione tra il traghetto in rotta per Olbia e la petroliera Agip Abruzzo (è stato accertato che avesse gettato l’ancora in una zona vietata) avvenuta da appena 5 minuti (come si è appreso dopo). Mio fratello e la moglie Enrica Picchi _ che ricorda perfettamente _ videro l’accaduto perché abitavano al secondo piano di un palazzo situato a metà viale d’Antignano, con i balconi che si affacciano proprio sul tratto di mare dove avvenne la tragedia, che si trasformò in strage per la totale assenza dei soccorsi.
“C’era massima visibilità”
Il 13 aprile, Franco, fece il suo dovere di cittadino per aiutare le indagini e sul tavolo del Procuratore Capo del tribunale di Livorno, Dott. Antonino Costanzo, arrivò la testimonianza dettagliata. “Alcuni minuti dopo l’incidente _ scrive _ devo per coscienza civica riferire che l’orizzonte, dal punto dell’incidente fino al porto di Livorno era perfettamente sgombro da nebbia o cali di visibilità”. E spiega: “Ciò che affermo deriva dal fatto che abito a metà del viale d’Antignano. E quella sera con estrema nitidezza si osservavano tutte le navi in rada, al punto tale che mi soffermai attendendo l’uscita del rimorchiatore di soccorso sul quale sapevo fosse imbarcato quella sera un mio caro amico”
“Era fumo dell’incendio non nebbia”
Un altro passaggio della testimonianza: “Inoltre da una comparazione sulla distanza effettuata di giorno, posso affermare _ ho una certa pratica di mare e di distanze _ che non c’era neppure nebbia da terra fino a pochissime centinaia di metri dalla nave ancorata. Neppure a sud perché le fiamme facevano vedere una chiara delimitazione tra fumo e mare . Non sono ovviamente certo se vi fosse un leggero banco di nebbia proprio sopra la petroliera perché ovviamente non vidi che fiamme e fumo, ma a sud, est, nord era libero da cali di visibilità. Se vi fosse stato un banco, esso sarebbe stato ben visibile e contornato”. E Franco conclude così: “La caligine, e non nebbia, è subentrata dopo alcuni minuti, quando una leggerissima brezza con direzione sud-sud ovest e velocità 4/6 nodi iniziò a dirigere il fumo verso il porto e i mezzi di soccorso”.
Lo scandalo del 2013
il 27 dicembre del 1995 a mio fratello arrivò la convocazione a comparire da parte del Procuratore Costanzo coordinatore delle indagini che furono assegnate prima a Luigi De Franco e poi a Carlo Cardi che sostenne l’accusa in giudizio. In sede di processo furono tutti assolti gli imputati e passò la linea della nebbia. Per la cronaca in tribunale il dispositivo della sentenza fu letto dal presidente del collegio giudicante Germano Lamberti che poi, nel 2013, ha fatto parlare di sé essendo stato condannato a 4 anni e 9 mesi di reclusione per ” corruzione in atti giudiziari”, in ordine ad alcune vicende legate alla commissione illeciti ambientali all’Isola d’Elba.
Silvio Lai: “Visibilità perfetta”
Tre anni fa l’inchiesta della Commissione al Senato ha accertato che la nebbia non c’era e che non ci fu alcun errore del comandante Chessa. Al riguardo il 10 aprile l’ex senatore Silvio Lai presidente della Commissione al collega Antonio Valentini ha dichiarato: “Come dimostra anche il filmato di Antonio D’Alesio, esaminato dai Ris dei carabinieri, la petroliera non poteva stare ancorata in quel punto: le sequenze oltre a mostrare che a quattro minuti dall’impatto la visibilità era perfetta, rendono idea della posizione rispetto alla mappatura…”. Poi Silvio Lai rivela: “Abbiamo spedito la Marina Militare a ispezionare i fondali: i sub hanno individuato dei grossi rottami nell’area inibita all’ancoraggio, senz’altro riferibili allo scontro tra la Moby Prince e l’Agip Abruzzo”.
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