Confermate condanne a 20 giovani che si resero protagonisti nel novembre 2012 di azioni di accese proteste davanti al palazzo del Governo a Livorno. All’ospedale finirono 7 agenti, due fotografi vennero aggrediti e ad uno di questi fu rotto l’obiettivo della macchina fotografica. Una protesta che aveva avuto origine da una carica degli agenti della prefettura ad un corteo non autorizzato che aveva sfilato pochi giorni prima tra le vie del centro dietro lo striscione “Livorno non si piega”.
Le condanne sono state confermate in via definitiva e le spese processuali a carico degli imputati ammontano a migliaia di euro. Potere al Popolo, con un comunicato che di seguito riportiamo integralmente, lancia un appello allo scopo di raccogliere contributi economici per sostenere le spese processuali.
“Sono state incredibilmente confermate in forma definitiva le condanne nei confronti di oltre 20 compagne e compagni in relazione alle tre giornate che, tra il 30 novembre ed il 2 Dicembre 2012, scandirono l’atmosfera politica livornese – si legge nel comunicato a firma Potere al Popolo – Ci riferiamo alle giornate culminate con quello che nel pensiero metafisico poliziesco e giudiziario viene definito “l’assalto alla prefettura”, fatto che dimostra piuttosto esplicitamente una certa volontà di separare cause, effetti e conseguenze”.
“I fatti di cui parliamo – prosegue la nota – pongono le proprie radici nel 30 novembre, giorno nel quale si assistette ad una protesta totalmente pacifica presso la stazione marittima durante un comizio pubblico del Partito Democratico; la presenza di meccanismi e forme di contrasto nei confronti del marketing politico portato avanti in città dal partito al potere che sosteneva il governo Monti, fu considerato evidentemente inaccettabile, pur dinnanzi ad una protesta completamente pacifica”.
“Gli eventi successivi furono totalmente fuori luogo; cariche assolutamente immotivate e violenza ingiustificabile costituirono lo sfondo di questo episodio. Il resto delinea un quadro contraddittorio, preoccupante e sinceramente malsano per la vita democratica; il primo Novembre fu indetto, dalle realtà politiche e sindacali cittadine, un presidio molto partecipato con lo scopo di contestare e criticare le decisioni della questura, la quale decise, sulla scia della storia dettata da Bava Beccaris, di reprimere nuovamente il dissenso, in questo caso agendo al termine del presidio, quando oramai una discreta quantità di persone non erano più presenti”.
“Il giorno seguente fu convocata una manifestazione aperta a tutta la cittadinanza che ruppe gli argini della semplice protesta per diventare un episodio/fenomeno di massa, all’interno del quale diverse migliaia di livornesi espressero il loro rifiuto per gli attacchi polizieschi visti nei giorni precedenti, in favore della libertà di dissenso, troppe volte stigmatizzata, limitata e ridimensionata in questo paese”.
“Alcuni condannati appartengono al nostro collettivo, molti altri all’ Ex Caserma Occupata, segno evidente di una volontà di colpire una specifica area politica cittadina a fronte di migliaia di partecipanti”.
“La volontà politica di repressione è evidente: in questi giorni è arrivato l’ordine di carcerazione per alcuni compagni, tra i quali Giovanni Ceraolo, ex coordinatore nazionale per Potere al Popolo e nostro candidato alle ultime elezioni politiche per la Camera, e da sempre impegnato a livello sociale, sindacale e politico in città e a livello nazionale dove ultimamente sta sostenendo le lotte dei portuali italiani”.
“Quello che colpisce non è solo la repressione a livello penale, ma anche quella economica. La sentenza parla di quasi 80 mila euro di spese imposte dalla corte di Cassazione che ha ritenuto immotivati i ricorsi degli imputati nonostante il parere favorevole della stessa accusa!”
“Su questo torneremo all’uscita delle motivazioni, ma intanto non possiamo che denunciare il fatto che un giudice non presente nel collegio e che non ha ascoltato le udienze di appello ha emesso e firmato la sentenza: in pratica chi ha emesso la sentenza, non ha ascoltato l’arringa della difesa; come se non bastasse, la Corte di Appello si è “dimenticata” di rispondere alle richieste poste dagli avvocati della difesa in merito ai risarcimenti”.
“La stessa accusa ha dato ragione alla difesa su questi temi, ma per i giudici della Cassazione tutto questo è parso regolare, e anzi meritevole di oltre 50 mila euro di multa per la sola volontà degli imputati di presentare ricorso”.
“La sentenza non rispecchia minimamente un sistema giudiziario indipendente e democratico, ma è più simile a quei sistemi controllati dalla politica che vogliono reprimere ogni voce di dissenso aggirando anche il diritto ad un processo equo”.
“Da parte nostra – conclude la nota – la totale solidarietà a tutte e tutti le/gli imputati, e la richiesta a chiunque, di dare un contributo economico di solidarietà per le spese processuali di quasi 80 mila euro a cui i compagni livornesi sono stati condannati”.
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