Nel 2022, dopo una pandemia durata due anni che ha segnato profondamente la storia globale, l’ultima parola che qualsiasi essere umano avrebbe voluto sentir uscire dagli odierni mezzi di comunicazione è guerra. In un istante, questa mattina, sentendo le notizie dell’invasione russa sul suolo ucraino, ognuno di noi è stato proiettato, senza volerlo, dentro un viaggio nel tempo che porta dritto a 77 anni fa. E’ terribilmente angosciante osservare come l’uomo, animale sociale che è riuscito a raggiungere numerose conquiste rivoluzionarie in questo lungo intervallo di tempo, possa compiere un salto all’indietro estremamente ampio e pericoloso, in un istante equiparabile allo schiocco di due dita. Nella guerra, nessuno ha ragione. Ma soprattutto, in un conflitto, non sono né Putin, né Zelens’kyj o Biden a bruciarsi con le scintille provocate dallo scontro delle loro affermazioni. Mentre questi capi di stato sono infatti concentrati a tirarsi parole su parole, divisi da migliaia di chilometri, sul campo, nella vera guerra, sono i ragazzi, i volontari, le donne, i bambini, i rifugiati, gli sfollati, chi perde la casa, chi è costretto ad abbandonare amici e parenti per voltare le spalle ad una vita sovrastata dal rumore delle armi, quelli che ci rimettono.
Proprio per questo, il Sindaco della città, Luca Salvetti, insieme alla Giunta, ha voluto esporre sulla facciata del Comune di Livorno, la bandiera arcobaleno della pace. La bandiera, questa mattina, è stata srotolata dal balcone dello scalone in marmo e poi issata sul pennone insieme alle altre bandiere, ovvero quella della città, quella dell’Unione Europea e quella dell’Italia. Il Sindaco ha poi commentato la scelta della Giunta: “In queste ore drammatiche la città di Livorno vuol lanciare un messaggio per la pace nei territori ucraini e dire no ad ogni genere di conflitto. La Giunta ha così deciso di esporre la grande bandiera con i colori dell’arcobaleno oltre a promuovere e partecipare a tutte le iniziative che in città si stanno preparando grazie all’impegno di enti, istituzioni, associazioni e semplici cittadini.”
Al giorno d’oggi, non è accettabile osservare giovani adolescenti che avanzano sopra dei mezzi pesanti mimetizzati. Non è accettabile osservare foto di famiglie senza niente, che scappano con una vita infranta tra le mani, con un futuro instabile di fronte. Alla fine, l’unico bersaglio della guerra è la popolazione. Una bambina, a sei anni, dovrebbe trovarsi su un banco di scuola, con il grembiule e il dito pronto a seguire le parole per tenere il segno, nell’unico conflitto, se così si può definire, che dovrebbe essere conosciuto a quell’età. Non su un confine fangoso per scappare dal sonno della ragione di persone che non conosce neanche.
di Jacopo Morelli
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