Oggi martedì 22 marzo 2022 si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua (“World Water Day”). Una ricorrenza che vuole far riflettere sul valore dell’acqua potabile e su tutte quelle attività interconnesse, indispensabili per i cittadini.
Oggi si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua (“World Water Day”). Un evento promosso allo scopo di far riflettere sul valore dell’acqua potabile e su le attività interconnesse che fanno parte del Servizio Idrico Integrato come la distribuzione dell’acqua potabile, il servizio fognatura e depurazione, indispensabili per garantire la salute dei cittadini, la salvaguardia dell’ecosistema marino e dell’ambiente.
Attraverso investimenti e risorse umane, il fornitore territoriale Asa, può garantire un servizio di qualità a più di 370.000 clienti (residenti), a cui vanno ad aggiungersi gli oltre 700.000 turisti che ogni anno visitano il nostro territorio.
Asa non sottovaluta i fondamentali dell’economia circolare. Parte delle acque reflue depurate non vengono neanche reimmesse nell’ambiente, ma avviate da Asa al riuso in ambito industriale e agricolo. Si abbatte così l’utilizzo dell’acqua di rete o dei pozzi che viene invece resa disponibile per la comunità. Tra le attività “green” messe in campo da Asa anche le fontanelle ad alta qualità, veri e propri impianti che permettono al cittadino di fruire gratuitamente di acqua dal gusto molto simile alle acque in commercio e anche refrigerata, abbattendo in modo sensibile la circolazione delle bottiglie di plastica.
OGGI – 22 Marzo – Giornata Mondiale dell’Acqua!
“Tutti gli studi accademici e tecnici affrontati confermano che nell’ultimo mezzo secolo, “piove” più o meno sempre con gli stessi quantitativi ma tale quantità di acqua cade in un numero di giorni che, a seconda delle aree fisiche della penisola, è diminuito tra il 6 ed il 10% circa.
L’acqua, l’attuale e futuro oro bianco. Basterebbero queste poche parole a far comprendere all’Umanità tutta l’importanza di tale elemento fondamentale per la vita di ciascuno di noi e del pianeta. Purtroppo però, la stragrande maggioranza della popolazione focalizza l’attenzione su tale gioiello in occasione di pochi appuntamenti annuali nei quali se ne ricorda l’importanza o si parla di meteorologia o dell’ambiente. Per i restanti giorni dell’anno si continua invece a farne cattivo uso e a sprecarla. Ma i “numeri dell’acqua” ci dicono che la situazione sta divenendo critica e non è lontano il momento – poco più di quindici anni – in cui la nostra penisola dovrà considerarsi in uno stato di “stress idrico”, con le tremende conseguenze del caso. In realtà, affrontando in maniera semplice il discorso, risulta evidente che il climate change in atto ha determinato ripercussioni poco comprensibili ai più, relativamente alle precipitazioni meteoriche”. Lo ha affermato Massimiliano Fazzini, Responsabile del Gruppo di Studio sul Cambiamento Climatico della Società Italiana di Geologia Ambientale, Coordinatore di Climetech – Remtech Ferrara, Climatologo Università Chieti – Pescara – Dipartimento INGEO
Precipitazioni più concentrate nel tempo e marcato aumento della frequenza.
“Senza tenere conto della drammatica situazione dell’uso del suolo e dell’antropizzazione, almeno da un punto di vista idroclimatologico, ciò si traduce in due effetti principali: 1) le precipitazioni sono mediamente più concentrate nel tempo; sta aumentando in tal senso la frequenza dei giorni con precipitazioni abbondanti – ha proseguito Massimiliano Fazzini – con ovvie ripercussioni sulle portate dei corsi d’acqua principali, sulla ricarica delle falde acquifere di diversa tipologia e magnitudo ma soprattutto sul ruscellamento, con ovvie ripercussioni sul dissesto ed idrogeologico; 2) Si assiste ad un marcato aumento della frequenza e della durata dei periodi senza precipitazioni o se si preferisce dei periodi caratterizzati da “siccità climatica”. Questo segnale, almeno negli ultimi anni, sembrerebbe paradossalmente essere più significativo al nord piuttosto che al sud, con ovvie problematiche sulla disponibilità, soprattutto nei periodi caratterizzati da temperature più elevate, quando il fabbisogno aumenta per svariate cause, da quelle agricole a quelle industriali a quelle turistiche”.
Nel 2021 regioni meridionali con un surplus al 15% mentre al Centro – Nord quantità di piogge inferiori anche del 25%!
“Se ci si vuole riferire all’ultimo anno meteorologico, il 2021, tale segnale appena descritto va ad essere confermato; le cumulate meteoriche totali hanno evidenziato andamenti differenti nelle varie zone meteo climatologiche che contraddistinguono il territorio nazionale. Le regioni meridionali hanno registrato quantità di piogge piuttosto abbondanti, con surplus sino al 15% mentre al centro-nord, e in particolare tra Piemonte ed Emilia Romagna sono state decisamente inferiori alle medie climatologiche, sino al 25% in alcune aree emiliane. Il deficit pluviometrico complessivo a livello nazionale non è stato significativo, pari al 4% circa rispetto al periodo 1981-2010, ma le manifestazioni piovose si mostrano sempre più intense e meno frequenti – ha concluso Fazzini – con le ripercussioni geomorfologiche ed idrogeologiche sovra menzionate e determinando infine ed in generale una minore disponibilità di risorse idriche di buona qualità.
Quanto alla neve, fondamentale “stoccaggio” invernale di acqua, poi disponibile durante il periodo primaverile; essa mostra comportamenti molto irregolari; in generale le cumulate stagionali stanno diminuendo sensibilmente in pianura e sino a quote prossime ai 1200 metri, per poi non evidenziare alcuna tendenza significativa ed addirittura aumentare alle quote più elevate – mediamente oltre i 2000 metri ed in particolare sui settori più orientali della Penisola – ma, anche in questo caso, il numero di giorni con nevicate sta diminuendo in maniera uniforme a tutte le quote. Ne consegue che sono evidenti, come in quest’ultima stagione invernale, periodi caratterizzati da lunga siccità e da quasi totale assenza del manto nevoso sino alle quote elevate, anche in maniera dipendente dalla relativa mitezza del clima invernale. Inoltre, risulta evidente che la variabilità intrannuale delle cumulate stia aumentando sempre di più; ad anni particolarmente nevosi si contrappongono osta giorni quasi del tutto deficitarie di nevicate con facili e critiche conseguenze, estese dall’ambiente fisico glaciale delle Alpi a quello submediterraneo dei rilevi dell’Italia meridionale ed insulare. Infine, almeno[P1] sino ai 1600 m. di quota, la neve rimane al suolo per periodi continuativi sempre meno estesi, in maniera direttamente proporzionale all’incremento delle temperature medie dell’aria e di quelle del suolo.
Forse però, una evidenza oramai assodata può colpire ancora più di queste evidenze scientifiche, tradotte in maniera semplice: nel nostro Paese, per cause non solo dipendenti dalle precipitazioni e dal cambiamento climatico, il 20% circa del territorio nazionale è a rischio inaridimento e successivamente a desertificazione. Le zone più in pericolo sono quelle situate nel meridione, dove il problema della carenza di precipitazioni è molto più consistente ma anche aree del settentrionale del paese, come ad esempio il delta del PO, presentano un rischio significativo di incorrere in questa drammatica situazione. Dunque l’appello accorato è sempre quello: non sprechiamo l’acqua e buona giornata dell’acqua a tutti”.
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