Un pareggio. Di nuovo. Il Livorno ancora una volta non riesce a portarsi a casa la vittoria nonostante sia passato in vantaggio per primo. Da febbraio che non vince, ma è più corretto dire che è da settembre che non gioca. Ci stiamo trascinando questo anno calcistico da un tempo che sembra infinito, due allenatori, due squadre, e risultati che hanno scarseggiato nell’arrivare. Dopo aver abbandonato presto l’idea di arrivare primi, è rimasto quindi un unico obiettivo, che a tre giornate dal termine, è ancora alla nostra portata. Cè da dire, che le squadre che ci stanno subito dietro hanno un andamento piuttosto lento, che ci permette di continuare a commettere in continuazione passi falsi.
Non c’è neanche più il rammarico per l’ennesimo strascicato pareggio, si avverte nell’aria una sorta di rassegnazione che ci fa sperare di concludere il prima possibile questo campionato. Questo brutto campionato. Privo di idee, di concretezze. Con poche certezze, una delle quali si chiama Andrea Luci. Il suo nome ormai parla da sè, niente da eccepire, ha lavorato a testa bassa, senza far mai mancare il proprio contributo. L’obiettivo raggiunto delle 369 presenze è frutto di tutto questo. Un uomo da cui molti dovrebbero prendere esempio e da cui è d’obbligo ripartire il prossimo anno. Cominciare a programmare, a fare le cose con un certo ordine qualunque sia la serie in cui il Livorno andrà a competere. Un passo in questo senso è già stato fatto, con un cambio di società avvenuto in tempi brevi e utili per non sprecare alcun minuto della stagione che verrà. Joel Esciua è arrivato a Livorno carico, convinto, pieno di buoni propositi. Sa il fatto suo e credo che sia di fondamentale importanza non fargli mancare il nostro sostegno.
Il livornese è una razza strana; passa dalle carezze agli schiaffi in men che non si dica, e questo il nuovo presidente credo lo abbia già assodato. Dice sia il troppo amore per la maglia amaranto, un amore che però deve essere ripristinato, che deve essere coltivato nelle giovani generazioni. Per costruire il futuro, ci vuole l’aiuto di tutti. Bisogna investire nelle nuove leve, creando le strutture adatte. Bisogna creare delle basi, su cui poter fare affidamento negli anni a venire. La storia insegna. Come avremmo affrontato il fallimento se a suo tempo fossero stati costruiti dei solidi pilastri? Non possiamo saperlo con certezza, certo è che ripartire dal niente è stato piuttosto complicato. Diamo fiducia al nuovo presidente, diamogli il tempo di poter lavorare e cerchiamo di fare gruppo. Il passato non si può cambiare. Ma il futuro è tutto da costruire.
Agnese Gaglio
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