di Sandro Lulli >>>> E’ dolce risvegliarsi con ancora negli occhi il tripudio amaranto dopo la rete di Raicevic e le parate di Mazzoni o le corse di Diamanti che scattava anche quando ormai era morto da un pezzo o i recuperi di Bruno, uno che davvero sa cos’è la vita da mediano. E’ dolce risvegliarsi coccolati dall’abbraccio infinito tra Protti e Lucarelli e altrettanto dolce prendere il telecomando ed andare subito a rivedere a pagina 209 la classifica della serie B e guardare e riguardare i punti: cinque, con una partita in meno. Siamo a braccetto col Carpi. Siamo a due passi da tutti quelli che lottano per salvarsi, ma noi siamo lì con una condizione psicologica ottimale, con la rabbia che chi s’è liberato da un peso, s’è tolto le catene e adesso vuole godersi la libertà.
VIA LE CATENE. Cinque, come dai su, “batti cinque”: festeggiamo. Brindiamo alla rinascita ben sapendo che ci potranno essere altre giornate nere ma nessuno più potrà togliere a questa squadra la consapevolezza che sa reagire e vincere, ribaltare i pronostici e le partite e che il “Picchi” non sarà più terra di conquista tanto facile come lo è stato per lo Spezia e il Lecce o il Crotone. L’Ascoli è squadra dura e tosta ma ha trovato chi è stato più duro e tosto. E scaltro. Cristiano Lucarelli, così come a Benevento (per stare all’attualità) ha preparato benissimo la gabbia tattica per i marchigiani ed appena è arrivato il gol prezioso incastonato in una azione fulminante (vedi che quando si parte con gli esterni si fa male…) ecco che il Livorno ha preso forma, il puzzle si è ricomposto, la squadra ha mostrato una forma, un’anima, una fisicità, un carattere.
LA PAURA… Lo confesso, ad un certo punto della ripresa, man mano che ci si avvicinava verso la fine e l’Ascoli sbatteva contro un immenso Luca Mazzoni, che in certi momenti agli avversari riesce a far credere che i suoi guantoni bianchi sono più grandi della porta che difende; ad un certo punto, dicevo, m’è presa la paura che potesse ripetersi la beffa che si concretizzò al primo anno del ritorno in B atteso da trent’anni (dove comunque ci salvammo bene, 49 punti totali, decima posizione condivisa col Bari). Bella squadra, la nostra, guidata da Roberto Donadoni, un signore. C’erano il baby Amelia (promosso titolare da Sciu Aldo), eppoi Cannarsa, Melara, Fanucci, Vanigli; e pure Balleri, Mezzanotti, Ruotolo, Grauso Doga, Biliotti, Danilevicius, Enynnaya, Negri, Saverino. E naturalmente il Mito Igor Protti. Succede che il 19 aprile del 2003, trentunesima giornata, si va ad Ascoli dopo aver travolto in casa il Messina (4-1, tripletta di Protti e Negri, per loro Zampagna).
LA BEFFA. Partita in notturna al “Del Duca”. Vanno in vantaggio i bianconeri con Mendil, ma verso lo scadere (86′) riusciamo a pareggiare con Saverino. Ormai il pareggio è cosa acquisita. Siamo al recupero. Tre minuti indica il cartellone. Superiamo anche quelli ma esce la palla sul fondo. Il fischietto pregiato Paparesta di Bari indica a Amelia di rilanciare, ma il portiere in uno slancio di onestà dice: “No, deviazione nostra, arbitro è corner…”. L’Ascoli batte dalla bandierina alla destra del nostro portiere, la palla spiove a centro area e la vecchia volpe del centravanti Bruno di testa insacca. Vince l’Ascoli. Trangugiamo amaro e veleno per la beffa. Fine partita, musi lunghi e recriminazioni, articoli scritti a velocità supersonica perché i giornali devono andare in macchina.
QUEL… LASCIO DI SPINELLI. E mentre gli amaranto, imbronciati, erano già saliti sul pullman nei corridoi m’imbatto in Aldo Spinelli. Una furia. Ma dieci minuti prima era stato più pacato. “Guardi Lulli, basta. Me ne vado, lascio la società…”. Io replico qualcosa tipo “mah, non capisco, mi sembra eccessivo…”. Ma Spinelli rilancia: “Questi sono colpi al cuore, non ce la faccio, basta, basta, domattina ci riuniamo in famiglia e mettiamo in vendita…”. Nuova telefonata al Tirreno. ” Fermate tutto, devo riscrivere l’articolo, ha detto Spinelli che se ne va, ma gli altri colleghi non c’erano, ce l’abbiamo solo noi…”. E quello fu il primo, storico “addio” a causa della beffa. Poi non so più quanti ne ho scritti. Hanno portato bene gli addii di Sciu Aldo, il nostro più grande presidente, perché poi ci siamo goduti anche tanti anni di serie A.
E adesso nel cantiere di Lucarelli e Protti si lavora all’oggi e al domani. E proprio contro l’Ascoli è stata posata una pietra importante. Ecco perchè ho avuto paura nei minuti finali contro l’Ascoli: a volte dietro una vittoria può esserci un mondo nuovo. E dietro un pareggio o una sconfitta può celarsi un dramma. Avanti così Livorno. Avanti così Lucarelli e Protti!
VIA LE CATENE. Cinque, come dai su, “batti cinque”: festeggiamo. Brindiamo alla rinascita ben sapendo che ci potranno essere altre giornate nere ma nessuno più potrà togliere a questa squadra la consapevolezza che sa reagire e vincere, ribaltare i pronostici e le partite e che il “Picchi” non sarà più terra di conquista tanto facile come lo è stato per lo Spezia e il Lecce o il Crotone. L’Ascoli è squadra dura e tosta ma ha trovato chi è stato più duro e tosto. E scaltro. Cristiano Lucarelli, così come a Benevento (per stare all’attualità) ha preparato benissimo la gabbia tattica per i marchigiani ed appena è arrivato il gol prezioso incastonato in una azione fulminante (vedi che quando si parte con gli esterni si fa male…) ecco che il Livorno ha preso forma, il puzzle si è ricomposto, la squadra ha mostrato una forma, un’anima, una fisicità, un carattere.
LA PAURA… Lo confesso, ad un certo punto della ripresa, man mano che ci si avvicinava verso la fine e l’Ascoli sbatteva contro un immenso Luca Mazzoni, che in certi momenti agli avversari riesce a far credere che i suoi guantoni bianchi sono più grandi della porta che difende; ad un certo punto, dicevo, m’è presa la paura che potesse ripetersi la beffa che si concretizzò al primo anno del ritorno in B atteso da trent’anni (dove comunque ci salvammo bene, 49 punti totali, decima posizione condivisa col Bari). Bella squadra, la nostra, guidata da Roberto Donadoni, un signore. C’erano il baby Amelia (promosso titolare da Sciu Aldo), eppoi Cannarsa, Melara, Fanucci, Vanigli; e pure Balleri, Mezzanotti, Ruotolo, Grauso Doga, Biliotti, Danilevicius, Enynnaya, Negri, Saverino. E naturalmente il Mito Igor Protti. Succede che il 19 aprile del 2003, trentunesima giornata, si va ad Ascoli dopo aver travolto in casa il Messina (4-1, tripletta di Protti e Negri, per loro Zampagna).
LA BEFFA. Partita in notturna al “Del Duca”. Vanno in vantaggio i bianconeri con Mendil, ma verso lo scadere (86′) riusciamo a pareggiare con Saverino. Ormai il pareggio è cosa acquisita. Siamo al recupero. Tre minuti indica il cartellone. Superiamo anche quelli ma esce la palla sul fondo. Il fischietto pregiato Paparesta di Bari indica a Amelia di rilanciare, ma il portiere in uno slancio di onestà dice: “No, deviazione nostra, arbitro è corner…”. L’Ascoli batte dalla bandierina alla destra del nostro portiere, la palla spiove a centro area e la vecchia volpe del centravanti Bruno di testa insacca. Vince l’Ascoli. Trangugiamo amaro e veleno per la beffa. Fine partita, musi lunghi e recriminazioni, articoli scritti a velocità supersonica perché i giornali devono andare in macchina.
QUEL… LASCIO DI SPINELLI. E mentre gli amaranto, imbronciati, erano già saliti sul pullman nei corridoi m’imbatto in Aldo Spinelli. Una furia. Ma dieci minuti prima era stato più pacato. “Guardi Lulli, basta. Me ne vado, lascio la società…”. Io replico qualcosa tipo “mah, non capisco, mi sembra eccessivo…”. Ma Spinelli rilancia: “Questi sono colpi al cuore, non ce la faccio, basta, basta, domattina ci riuniamo in famiglia e mettiamo in vendita…”. Nuova telefonata al Tirreno. ” Fermate tutto, devo riscrivere l’articolo, ha detto Spinelli che se ne va, ma gli altri colleghi non c’erano, ce l’abbiamo solo noi…”. E quello fu il primo, storico “addio” a causa della beffa. Poi non so più quanti ne ho scritti. Hanno portato bene gli addii di Sciu Aldo, il nostro più grande presidente, perché poi ci siamo goduti anche tanti anni di serie A.
E adesso nel cantiere di Lucarelli e Protti si lavora all’oggi e al domani. E proprio contro l’Ascoli è stata posata una pietra importante. Ecco perchè ho avuto paura nei minuti finali contro l’Ascoli: a volte dietro una vittoria può esserci un mondo nuovo. E dietro un pareggio o una sconfitta può celarsi un dramma. Avanti così Livorno. Avanti così Lucarelli e Protti!
Lascia un commento