Il destino del Livorno è legato al Brescia. C’è trepidazione tra i tifosi livornesi e pure tra quelli bresciani, per la vicenda economica delle rondinelle: nel caso la società lombarda non riuscisse a colmare il deficit finanziario, non potrebbe iscriversi al campionato, lasciando così un posto vacante alla prima società avente diritto: il Livorno.
Entro il 24 giugno alla società lombarda servono un milione e 300mila euro per gli stipendi delle ultime tre mensilità. Prima del 7 luglio è necessario un bonifico per raggiungere quota 8 milioni e 100mila euro. Tanto quanto richiede la ricapitalizzazione complessiva. Cifra che potrebbe abbassarsi se entro i primi cinque giorni di luglio il club riuscisse a vendere un suo giocatore. Ma non sembra troppo facile.
Un’altra data da segnare in rosso per il Brescia è quella del 30 giugno, quando dovrà essere chiuso l’esercizio contabile della società. I numeri dicono che, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, la situazione debitoria è calata di almeno 4 milioni di euro. Frutto dei tagli voluti dalla proprietà: stipendi su tutti. Una proprietà che ha però dovuto fare i conti con 4 milioni e 422mila euro di debiti che al momento del passaggio di quote dalla famiglia Corioni non erano emersi.
La famosa «polvere sotto il tappeto» più volte citata dal socio Sagramola e che in qualche modo ha rallentato il piano di risanamento della soocietà.
Sul fronte mercato, secondo quanto riferito dal Giornale di Brescia, la scelta delle rondinelle per la panchina (in caso di permanenza nella serie cadetta), sarebbe ricaduta su tre ex amaranto. In poole position ci sarebbe Antonio Filippini, le alternative Cristian Panucci e Davide Nicola, sembra invece tramontata l’ipotesi Zeman.
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