acquistare autonomia, conoscere altri coetanei, divertirsi, fare sport, stare all’aria aperta, a contatto con la natura. Per la maggior parte dei ragazzi, un progetto facilmente realizzabile. Più difficile per quelli affetti da diabete. Per questo dal 2000 la Regione Toscana sostiene progetti di organizzazione di campi scuola per bambini e adolescenti con diabete. Un sostegno che viene riconfermato anche per il 2017: una delibera approvata nel corso dell’ultima seduta di giunta destina 150.000 euro alle aziende che hanno presentato progetti specifici. Ai campi scuola, che sono gestiti dal Centro regionale per il diabete dell’età evolutiva dell’azienda ospedaliero-universitaria Meyer, dalla Asl 6 di Livorno e dalla 9 di Grosseto, i ragazzi imparano, con l’aiuto di medici e psicologi, a gestire il diabete e superare i problemi connessi con la convivenza con una patologia cronica. “Questa dei campi scuola per i ragazi con diabete è un’esperienza molto importante – dice l’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi – E noi vogliamo assolutamente continuare a garantire il sostegno della Regione a questi progetti. Il campo scuola è il primo passo per l’autonomia del ragazzo dalla famiglia. Al campo scuola è il ragazzo ad essere coinvolto e responsabilizzato in prima persona nella gestione della propria patologia. Le esperienze degli anni passati ci hanno dimostrato l’efficacia e la valenza terapeutica di questi campi e noi, in accordo con le associazioni di volontariato, siamo determinati ad assicurare continuità a questi progetti”. “Da oltre trent’anni il nostro Centro di riferimento organizza il campo scuola, ne abbiamo all’attivo 105 – spiega la dottoressa Sonia Toni, responsabile del Centro regionale per il diabete dell’età evolutiva del Meyer – Cerchiamo di trasferire le compteneze multidisciplinari del team sanitario al di fuori dell’ospedale, permettendo così ai soggetti con diabete, all’interno di una vacanza, di acquisire, verificare e approfondire le conoscenze diabetologiche necessarie per la gestione della terapia nel quotidiano”. “Una volta effettuata la diagnosi – sottolineano gli esperti coinvolti nell’organizzazione dei campi scuola – è di fondamentale importanza aiutare la famiglia all’accettazione della patologia e accompagnarla in un percorso di formazione terapeutica fino al raggiungimento di una autogestione consapevole e sicura. Uno dei problemi della terapia del diabete del bambino – spiegano – è il fatto che è necessario un continuo adeguamento del fabbisogno insulinico ad un organismo in crescita e contemporaneamente c’è la necessità di un trasferimento delle competenze al paziente. In questo percorso si inserisce il campo scuola, che rappresenta sotto tutti gli aspetti un alto momento di educazione terapeutica: un’opportunità finalizzata a migliorare le capacità di autogestione e l’integrazione sociale”. I campi per i ragazzi più grandi (11-16 e 14-17 anni) sono rivolti ai soli ragazzi, con la partecipazione di 3-4 ragazzi di età superiore, che svolgono la funzione di “diabetico guida”, grazie alle esperienze già maturate nei precedenti campi scuola. I campi per i più piccoli sono rivolti ai gruppi familiari e il bambino (6-10 anni) partecipa con entrambi i genitori. Ai campi sono presenti medici, infermieri, psicologi, pediatri, dietisti, preparatori atletici della facoltà di scienze motorie, personale dell’Associazione diabetici. I campi si svolgono in montagna, in agriturismo, in barca. Ogni anno nella fascia di età 0-14 anni si verificano 8-10 nuovi casi ogni 100.000 bambini e 6-7 nella fascia di età giovanile tra 15 e 29 anni. E il trend è in aumento, in Toscana come nel resto d’Italia: +3,6% l’anno. Il diabete dell’età evolutiva colpisce in Italia circa l’1 per mille della popolazione ed è pari a circa l’8% di tutti i casi di diabete. Questa patologia a carattere sociale emergente può essere affrontata con la prevenzione primaria e secondaria, ma quando si è ormai evidenziata, diventano fondamentali l’autocontrollo e la capacità di gestione da parte dei ragazzi. Il periodo di vacanza (da 7 a 10 giorni) passato “da solo” rassicura i genitori sulla capacità del figlio di autogestirsi, e sviluppa nel ragazzo una maggiore sicurezza di sé. Per i medici, vivere in stretto contatto, 24 ore su 24, con i ragazzi, consente loro di osservarli più da vicino a stabilire con loro un rapporto che non è più di dipendenza medico-paziente, ma di collaborazione attiva e diretta. Le lezioni teoriche si alternano a esercitazioni pratiche e ogni ragazzo è stimolato a compiere da solo i controlli e le terapie necessarie.
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