Solo una parola per definire la partita di sabato: fallimento. E quando dico fallimento lo intendo proprio di intenzioni, che forse è la cosa peggiore. Devo dirlo, la partita contro l’Orvietana andava vinta, e non solo per portare a casa i tre punti ma anche e soprattutto per dimostrare che il Livorno c’era ancora, in tutti i sensi. In questi venti giorni di mercato abbiamo visto la società molto attiva sul mercato, i cambiamenti sono stati molteplici e questo ha voluto significare sostanzialmente due cose: il fatto che gli errori di valutazione commessi in estate fossero riconosciuti e anche che si volesse tentare di rimanere in carreggiata per agganciare il primo posto. Non un’impresa semplice, ma nemmeno impossibile. Onestamente ci ho creduto. E non è stata certo la sconfitta subita a Orvieto che mi ha fatto cambiare idea, casomai ha forse spento l’ultima speranza che avevo. Già da tempo i segnali di qualche problema si erano fatti vedere; i pochi goal fatti, una formazione in continua mutazione senza un’ossatura centrale e un modulo anch’esso non ben definito; la mancanza di continuità all’interno della stessa partita, fra le ultime quelle in casa contro l’Ostia mare e il Poggibonsi che nonostante abbiano visto il Livorno vittorioso, non ci hanno comunque convinto. Una squadra che vince e non convince ha già di per sé già dei problemi alla base.
E’ tutto perduto quindi? Molto probabile, perché quello che più è saltato all’occhio della partita di domenica è la totale mancanza di cinismo e carattere. Abbiamo avuti tutti l’impressione che si sia perso completamente la bussola e che ultimamente ci siano stati anche dei problemi in difesa, l’unico reparto che finora era rimasto indenne dalle critiche. Sembra che manchi proprio l’intenzione di vincere a questa squadra e che si faccia fatica a reagire al gioco avversario. Si verticalizza poco, non si utilizzano le fasce e di conseguenza il gioco risulta poco fluido. Ancora, dopo mesi, non ho capito come gioca il Livorno. Non vedo la sostanza, un’idea. Qualche barlume che faceva ben sperare è stato presto spento dalla totale mancanza di cattiveria agonistica. Inoltre, si segna poco. Mi sono chiesta perché ad esempio Torromino si sia accasato alla Sambenedettese; squadra di Serie D, girone F e che non sembra sicuramente tra le favorite per la promozione.
Possiamo solo ipotizzarne i motivi, fra i quali ci può essere il non rientrare nell’idea di gioco del nuovo allenatore o anche più semplicemente ragioni personali. Onestamente, pareva fra i pochi salvabili del reparto offensivo; partito in ritardo, era uno di quei nomi che la squadra aspettava e la sua esultanza nell’occasione del goal contro l’Ostia mare pareva volesse gridare a tutti “Eccomi sono anche io, sono tornato per vincere”. Eppure, entro poco la sua luce si è spenta per andare altrove. Cosa è accaduto? E’ il gioco del calcio, l’unica cosa che mi auguro è che si possa cominciare a costruire in vista anche dei prossimi campionati e che si faccia tesoro del fatto che senza carattere non si sopravvive, citofonare Arezzo calcio per comprendere che nonostante i nomi senza un po’ di sostanza si fa presto a non essere più il primo della classe, per quanto ancora le sue possibilità siano altissime. Dopo la partita con il Follonica abbiamo un intero girone di ritorno davanti che molte volte sembra proprio un altro campionato a sé. Parola d’ordine : Costruire. C’è sempre un obiettivo, adesso va solo focalizzato e perseguito ma senza carattere e grinta è difficile sopravvivere. Nel calcio, come nella vita.
Agnese Gaglio
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