I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Livorno hanno dato esecuzione, in data odierna, ad un decreto di sequestro preventivo – emesso dal G.I.P. del locale Tribunale, Dott. Fabrizio Nicoletti – di un’abitazione residenziale ubicata in Livorno, nei confronti di una cittadina italiana, residente nel capoluogo labronico, già sottoposta agli arresti domiciliari, unitamente ad altre quattro persone, tutte componenti di una associazione per delinquere ritenuta responsabile di molteplici condotte criminose, quali bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, bancarotta semplice, appropriazione indebita aggravata, dichiarazione infedele, sottrazione al pagamento delle imposte, indebita compensazione di crediti inesistenti e intestazione fittizia di beni. Dopo l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi personali, risalenti al maggio dello scorso anno, gli investigatori del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria hanno, infatti, proseguito gli approfondimenti ed esaminato meticolosamente la copiosa documentazione reperita nel corso delle perquisizioni svolte. La Guardia di Finanza, quale unico organo di polizia giudiziaria ed economico-finanziaria con competenze specialistiche in campo tributario, agisce prioritariamente mediante attività investigative basate sull’utilizzo combinato di tecniche di analisi di operazioni aziendali, contabili e finanziarie e gli strumenti del codice di procedura penale, costituendo un unicum nello scenario nazionale ed internazionale. L’analisi della documentazione finanziaria, condotta seguendo tale approccio, ha consentito di rilevare che la donna – A.V., italiana di 33 anni – aveva ricevuto “proventi illeciti” sotto forma di accrediti sui propri conti correnti personali di somme di denaro provenienti dalle società cooperative coinvolte nell’indagine nonché prelievi in contanti, tratti dai conti correnti societari. Dagli esiti delle indagini penali è scaturito l’avvio di una verifica della posizione fiscale della beneficiaria di tali proventi illeciti, ossia della ricchezza di origine criminale che, oltre ad essere stata prodotta illegalmente, è stata anche occultata al fisco. La donna livornese, risultata essere formalmente “evasore totale”, aveva conseguito, complessivamente, un illecito arricchimento per oltre € 500.000, negli anni dal 2012 al 2015, inquadrati, nel corso della verifica fiscale, nella categoria reddituale dei cc.dd. “redditi diversi”. I finanzieri hanno, inoltre, rilevato che l’entità dell’IRPEF evasa superava, per uno degli anni d’imposta oggetto dell’attività ispettiva, la soglia di punibilità penale, tanto da configurare tale evasione un’ulteriore ed autonoma fattispecie criminale (omessa dichiarazione), prevista e punita dall’art. 5 D.Lgs. 74/2000. La contribuente è stata, dunque, nuovamente denunciata alla Procura della Repubblica di Livorno che, condividendo le proposte avanzate dai militari operanti, ha proceduto a richiedere al GIP l’emissione di un provvedimento di sequestro “per equivalente” sino alla concorrenza del valore dell’imposta evasa (€ 83.000 per la sola annualità di rilievo penale). L’aspetto che va maggiormente sottolineato ai fini in argomento è rappresentato dal fatto che i proventi illeciti, a qualunque titolo percepiti, vanno comunque dichiarati all’Erario: la mancata dichiarazione degli stessi, infatti, oltre a rilevare sotto il profilo della comminabilità delle relative sanzioni amministrative, al superamento di determinate soglie di punibilità, configura anche, tenuto anche conto dell’indirizzo della giurisprudenza di legittimità, fattispecie penalmente rilevante. Attratta l’evasione, dunque, all’alveo penale, è possibile aggredire, come noto, il frutto dell’attività criminosa anche “per equivalente”, sino a concorrenza dell’imposta evasa, aggredendo beni riconducibili all’indagato, anche se legittimamente acquisiti, laddove non sia possibile individuare e sequestrare in via diretta il prezzo, il prodotto o il profitto dei reati commessi. È sempre più incisiva l’attività svolta dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Livorno, secondo le indicazioni del Procuratore Capo della Repubblica labronica e sulla scorta delle linee di indirizzo del sovraordinato Comando Regionale Toscana, tesa a reprimere, in maniera incisiva e trasversale, i contesti criminali di maggiore gravità, attraverso la sistematica ablazione dei patrimoni illecitamente accumulati con i profitti dei reati economico-finanziari.
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