Fatture per un importo complessivo di 570.000 euro, non registrate in contabilità e non ricevute dai fornitori indicati nei documenti, sono state emesse da una ditta di trasporti livornese, al solo scopo di ottenere liquidità da una banca. E’ stata così riscontrata una truffa di 330.000 euro, nei confronti di un istituto di credito, pari alla differenza fra l’importo dell’anticipo ottenuto e quanto non restituito.
Sono così indagati per truffa aggravata dalla Procura della Repubblica un 70enne – all’epoca anche rappresentante legale della società di trasporti – e, in concorso i due figli livornesi, di 35 e 40 anni.
Nel corso degli accertamenti fiscali sono inoltre emersi, mancati versamenti per 195.000 euro di ritenute e 280.000 euro di Iva, con il superamento delle soglie di punibilità e la conseguente segnalazione alla Procura della Repubblica dei due fratelli amministratori pro tempore (succeduti al padre).
Per questo il gip ha disposto il sequestro preventivo di denaro e beni fino alla concorrenza dell’importo di circa 630.000 euro, pari all’indebito profitto conseguito di 475.000 euro e agli interessi legali maturati e relative sanzioni per oltre 150 mila euro.
Nell’esecuzione del provvedimento cautelare, i militari del Nucleo di Polizia Tributaria hanno sottoposto a sequestro denaro per circa 88.000 euro, tre automezzi per il trasporto di merce per un controvalore di euro 93.000, quote societarie per euro 20.000 nonché tre unità immobiliari, ubicate a Livorno, costituite da due appartamenti e un garage, per un valore di oltre 300.000 euro.
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