Sequestrati immobili, titoli e conti correnti. Interdizione a esercitare attività d’impresa.
Nella giornata odierna, la Guardia di Finanza di Livorno ha dato esecuzione a un’ordinanza – emessa dal gip Antonio Pirato – di applicazione della misura interdittiva, nei confronti di un livornese settantenne (domiciliato in provincia di Pisa), per le ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Le indagini sono scaturite dagli sviluppi di una verifica fiscale eseguita da militari del Nucleo di polizia tributaria di Livorno nei confronti di una società, con sede a Livorno, operante nel settore del commercio di autovetture, sottoposta alla procedura di concordato preventivo, omologato dal Tribunale labronico il 18 gennaio 2015.
Le attività ispettive e le successive investigazioni di polizia giudiziaria hanno consentito di riscostruire più analiticamente le cause della crisi e del dissesto economico che avevano portato la società – di cui il soggetto livornese è stato l’amministratore unico fino al 30 dicembre scorso – al conseguimento di una perdita d’esercizio, nell’anno 2012, per circa 2 milioni di euro (con impossibilità di ricapitalizzazione da parte dei soci) ed all’approvazione dei bilanci per gli anni 2013 e 2014, con un giudizio fortemente negativo da parte dell’organo di controllo. In sintesi, sono stati appurati fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale con la complessiva distrazione di denaro per circa 2,7 milioni di euro, che sarebbero avvenuti, a partire dal 2006, attraverso tre differenti condotte illecite.
La prima condotta afferisce al mancato incasso di crediti per circa 2 milioni di euro vantati dalla società oggi in concordato nei confronti di tre imprese (di cui due con sede a Lucca), operanti nel medesimo settore commerciale o, comunque, in settori attigui, riconducibili (direttamente o indirettamente) sempre allo stesso soggetto livornese, raggiunto da misura cautelare personale. Si tratta di somme concesse sotto forma di prestiti/aiuti economici o di deposito cauzionale, senza un piano di rientro, accordi scritti, una plausibile logica economica e senza promuovere alcuna azione per il recupero, anche parziale, dei crediti vantati, così depauperando parte del patrimonio aziendale. Due delle società beneficiarie delle somme sono diventate, peraltro, inattive sin dal 2009 – 2010, maturando prima di allora costanti perdite con notevole indebitamento e palesando, fin da subito, l’incapacità di rimborso delle somme ottenute.
La seconda condotta riguarda la distrazione, tra la fine del 2011 e i primi mesi del 2012, dalla cassa della società di denaro contante per euro 324mila euro prelevati – in più tranches – senza una giustificazione contabile, per far fronte a esigenze strettamente personali. Infine, è stata contestata la distrazione di importi, tra il 2013 e il 2015, per complessivi euro 365.000, giustificati come compensi per l’amministratore ed erogati senza una specifica delibera assembleare e soprattutto – per le annualità 2014 e 2015 – in violazione del tetto massimo di 40mila euro stabilito nella proposta di concordato preventivo presentata dallo stesso amministratore unico pro-tempore.
In questo contesto, per tutelare i creditori nell’ambito della procedura di concordato preventivo, il gip ha disposto, altresì, nei confronti dello stesso soggetto livornese, il sequestro preventivo della quota del 50% di un appartamento ubicato in provincia di Pisa (dal valore complessivo di 252.000 euro) nonché del denaro presente sui conti correnti e i depositi titoli, sia personali che delle tre società che hanno beneficiato dei prestiti.
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