Torna anche quest’anno, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio in collaborazione con il Comune di Livorno e la Comunità Ebraica, l’Istoreco e la Diocesi, la tradizionale Marcia in memoria della deportazione degli Ebrei di Livorno. L’iniziativa – che apre le celebrazioni previste in occasione della Giornata della Memoria (27 gennaio) – si svolgerà mercoledì 18 gennaio e prevede, come ogni anno, la sosta a nuove stolpenstein, ovvero “le Pietre d’inciampo” realizzate dall’artista tedesco Gunter Demnig e collocate sui marciapiedi della città in ricordo delle vittime della Shoah. Quest’anno due nuove Pietre sono state collocate in Largo Strozzi e in via Fagiuoli n. 6, in corrispondenza delle case un tempo abitate da Ivo Rabà e Levi Nissim, ebrei livornesi deportati nel ’43-’44.
La marcia prenderà avvio mercoledì mattina, 18 gennaio, alle ore 10.30 da via Monte d’Oro (la strada a fianco della Camera di commercio) e si snoderà attraverso questo percorso: via Strozzi (con tappa alla nuova pietra di inciampo); via Carraia; via San Giovanni; via Cogorano; piazza Grande; via Cairoli; piazza Cavour; via Maggi; via Fagiuoli (con tappa presso la pietra d’inciampo al n. 6); via Maggi; piazza Cavour; via Cairoli; via Cassuto; via del Tempio Sinagoga (conclusione con cerimonia finale).
“E’ con vero onore che parteciperò quest’anno alla Marcia in ricordo della deportazione di tanti nostri concittadini ebrei” – dichiara l’assessore alla cultura Francesco Belais “L’iniziativa di grande spessore ha il pregio di svegliare la memoria su atrocità del passato che non devono più ripetersi. Imbattersi su queste pietre di inciampo che riportano i nomi di vittime altrimenti dimenticate, è un modo per riportarle in vita e per farci riflettere sull’orrore dell’Olocausto”.
“L’idea delle stolpersteine – afferma la Comunità di Sant’Egidio – nasce durante un viaggio a Berlino. Restammo molto colpiti dalle centinaia di installazioni di pietre di inciampo in Orange Strasse. Quella strada, sede della antica Sinagoga ed ultima residenza nota di molti ebrei berlinesi, al tramonto brillava della luce di quelle pietre, tale era il loro numero. Pensammo subito a Livorno, ai tanti amici ebrei che avevamo lì e ai tanti, molti di più, che erano stati deportati, il loro ricordo non era fisicamente visibile nella nostra città e con gli anni rischiava di venire sommerso. Decidemmo di “riportarlo alla luce”. L’idea di Demnig , ci è sembrato potesse far rivivere l’umanità delle persone scomparse e di ricollocare al giusto posto il filo di tante vite interrotte, restituendo alle vittime livornesi della Shoah, proprio quello che gli era stato tolto, l’evidenza e il valore di una presenza nella città. L’iniziativa coinvolge oggi molte realtà cittadine e studenti di ogni ordine e grado, sottolinenndo, anche per il presente, la necessità di una cultura della pace e della convivenza tra religioni e culture diverse”.
Ed è questo infatti l’obiettivo che la Marcia di mercoledì si ripropone; coltivare la cultura della Memoria per una educazione alla pace, conoscere la storia per non ripetere più gli errori del passato. Anche i sanpietrini, ovvero le Pietre d’inciampo che pavimentano i marciapiedi della città, realizzati in ottone con i dati identificativi delle persone deportate, hanno questo fine: un “inciampo” non fisico ma mentale che costringe chi passa a interrogarsi su quanto accaduto.Si ricorda che con le due nuove stolpenstein dedicate a Ivo Rabà e Levi Nissim, salgono a dieci le pietre d’inciampo che caratterizzano il percorso urbano livornese. Le altre sono dedicate a Franca Baruch (via Fiume), Perla Beniacar (via Cassuto), Enrico Menasci e Raffaello Menasci (via Verdi), Isacco Bayona (via della Posta) e Frida Misul (via Chiarini). Dino Bona Attal e a Dino Bueno collocate in via della Coroncina.
Nissim Levi nasce a Torino il 14 agosto 1928. Figlio di Abramo Levi e Rosa Adut entrambi provenienti da Smirne in Turchia. Nissim è l’ultimo di tre figli. Insieme ai fratelli Selma, nata nel 1924 e Mario Moisè nel 1927, ai genitori, ai nonni ed agli zii, fugge a Guasticce. Fu arrestato insieme alla famiglia il 18 dicembre 1943, rinchiuso nel campo di concentramento di Fossoli e deportato ad Auschwitz il 16 maggio 1944. Di tutta la famiglia Levi, solo i figli Nissim, Mario e Selma, allora adolescenti, e la madre Rosa sopravvissero all’olocausto.
Ivo Rabà, figlio di Alfredo Leone Rabà e Ada Cava è nato a Livorno il 9 maggio 1919. Il primo febbraio 1944 a Casoli di Camaiore in provincia di Lucca viene arrestato insieme al fratello Vasco e internato a Colle di Compito un campo già attivo dal 1941 come campo per prigionieri di guerra. La madre Ada si rivolge al commissario di Camaiore, richiedendone il rilascio ma invano. Ada riesce sotto falso nome e facendosi passare per inserviente a seguirli e ad assisterli per tre mesi fino al trasferimento al carcere di Firenze, da dove partono alla volta di Fossoli il 24 maggio 1944.
Lascia un commento