Il Pm ha motivato gli arresti di Agostino Ceci, l’ex parà accusato dell’omicidio di via Roma, documentando una serie di indizi che farebbero presupporre al pericolo di fuga all’estero: la casa messa in vendita, la cessione della moto e dello scooter, ed altre azioni compiute riconducibili alla fondatezza del sospetto.
Ma a tradire l’ex militare in pensione sarebbero sopratutto alcune frasi che il 64enne avrebbe pronunciato in macchina parlando sottovoce da solo: un viaggio nella memoria a ripercorrere quei momenti che evidentemente non si sono rimossi dalla sua mente.
A bordo della sua Fiat “Panda” infatti gli inquirenti, appena scoperta la relazione con la donna, avevano applicato una “Cimice” per registrare ogni sua frase ed ogni spostamento.
«Sto stronzo», dice percorrendo la strada davanti all’ingresso del palazzo dove il marito dell’amante, Zviadi Khurtsidze, era andato la sera del 6 febbraio a trovare alcuni amici prima di essere ucciso. Ed ancora poco più tardi, sotto voce riferendosi alla vittima: «È uscito, uccidiamolo laggiù».
E poi ancora: «Era meglio se andavo a ballare, quella sera». Indizi che sommati al movente, ai filmati registrati dove si vede la vittima pedinata da un profilo corrisponde a quello di Ceci, e l’assenza di un alibi: «Quella sera ero a casa da solo», non giocano certamente a suo favore.
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