Poco prima delle una del pomeriggio, diciotto miglia al largo di Livorno, un’ora abbondante di viaggio ad andatura sostenuta, i pescatori dell’Anastasia tirano su la penultima rete della battuta di pesca iniziata a mezzanotte. A babordo c’è la Gorgona, a tribordo l’isola di Capraia. Sul ponte del peschereccio sventola la bandiera del progetto “Arcipelago pulito”. E tra sanpietri e sugarelli, scampi, qualche sardina, rombi e perfino un polpo, dalla rete a strascico schizzano via bottiglie di plastica, una vecchia tanica, una torcia, sacchi e buste, alcune quasi nuove, molte incrostate dal tempo e dalle conchiglie.
Il mare, si sa, è purtroppo pieno di rifiuti. Ma da qualche giorno lo specchio d’acqua di fronte alla città labronica, area di assoluto pregio ambientale, è più pulita. Grazie anche ai pescatori. Non è il primo progetto nel Mediterraneo sul problema della plastica dispersa in mare. Ma se altrove ci si concentra soprattutto sulla ricerca – uno studio è stato presentato ieri all’Università di Siena, finanziato con 5 milioni dall’Unione europea – l’esperimento toscano ha un valore aggiunto praticamente unico. E’ infatti il primo ad aver strutturato una vera e propria filiera che va dalla raccolta in mare fino al trattamento ed eventuale recupero dei rifiuti in un impianto idoneo. Un progetto che nasce all’insegna della collaborazione, pubblico e privato insieme, in testa la Regione. “Un esperimento – spiega l’assessore alla presidenza della giunta toscana, Vittorio Bugli – che può diventare un modello, che fa bene all’ambiente ma anche all’economia”. “Non è infatti solo un progetto sperimentale – racconta – Abbiamo visto che è utile, funziona e ha senso pratico. Certo ora va strutturato e reso ancora più efficace, ma è già un esempio di economia collaborativa e circolare, un tema al centro dell’agenda di questa giunta regionale”.
Barche in mare da quattro giorni
Presentato un mese fa, il progetto “Arcipelago toscano” dal 13 aprile è entrato nel vivo e da quattro giorni una decina di barche della cooperativa labronica tornano in porto cariche di pesce e plastica. Ne raccolgono ciascuna tra i venti e i trenta chili ogni giorno. “Il tre per cento del pescato” racconta il capitano del peschereccio. E stamani, su una motovedetta della Capitaneria di porto, a seguire da vicino i lavori c’era, con il contrammiraglio Tarzia, anche l’assessore Bugli.
“Il mare è casa nostra e ognuno tiene a tenere pulita la propria casa” raccontano i pescatori. Semplice. Quasi ovvio. Finora però non poteva essere così. Per una norma infatti non chiarissima e a causa di un vuoto normativo il pescatore che tornava in porto con plastiche assimilabili a rifiuti speciali ne diventava responsabile. Le avrebbe dovuti smaltire a proprie spese. E così erano costretti a rigettare in mare quello che pesce non era. A risolvere il problema, con un accordo intanto di programma, ci ha pensato l’intesa siglata tra la Regione Toscana, il Ministero dell’ambiente, l’Unicoop Firenze e numerosi altri soggetti, da Legambiente all’Autorità portuale del Mar Tirreno Settentrionale, da Labromare che è la concessionaria per il porto di Livorno per la pulizia degli specchi acquei portuali alla Direzione marittima della Toscana, fino l’azienda di raccolta dei rifiuti Revet e la cooperativa appunto di pescatori.
Il cassonetto in banchina
Ora ogni nave ha a disposizione un sacco dove raccogliere i rifiuti plastici, che al rientro in porto vengono depositati in un apposito contenitore sulla banchina, che Labromare poi svuota e porta in un impianto a Pontedera dove i rifiuti vengono analizzati e classificati per essere successivamente destinati al riciclaggio o allo smaltimento.
Un lavoro di squadra
Sul corretto svolgimento delle operazioni in mare vigila la Guardia Costiera, che da subito ha sposato l’iniziativa. Legambiente offre il proprio contributo in termini di esperienza scientifica. Unicoop Firenze partecipa mettendo a disposizione del progetto i fondi ricavati dal centesimo che soci e clienti, per legge, dall’inizio dell’anno devono pagare per le buste in mater-b dell’ortofrutta. Lavora anche per sensibilizzare il consumatore. Ed altrettanto faranno Legambiente e Regione. I pescatori continuranno a fare i pescatori, puntuali come sempre, anche oggi, per la quotidiana asta alle quattro e mezzo del pomeriggio. Ma saranno finalmente contenti di poter pulire la loro casa, il mare, che poi è la casa di tutti.
Una possibile buona pratica nazionale
L’esperimento durerà sei mesi e per ora interessa solo Livorno: trecento chilometri quadrati nel cuore dell’Arcipelago toscano e del Santuario dei cetacei, lungo la costa verso Grosseto. Ma nel prosieguo il progetto potrebbe essere replicato altrove: a Piombino, all’isola d’Elba e Capraia, forse anche fuori Toscana. In Italia del resto è un progetto di assoluta avanguardia: nel mondo di simili ce ne sono solo in Canada e nord Europa.”Il Ministero dell’ambiente è uno dei partner, quindi speriamo di farne una buona pratica nazionale” dice Bugli. “Partiamo con la plastica – spiega – ma non vorremmo fermarci lì. Anzi, il nostro obiettivo è la modifica della normativa, per far sì che i pescatori possano raccogliere e non ributtare in mare anche altri rifiuti che possano rimanere impigliati nelle loro reti: dal ferro all’alluminio, al legno, meno presenti senz’altro della plastica ma altrettanto negativi per il nostro mare e per l’ecosistema”.
Un mare di rifiuti
Quello dell’immondizia del mare è un problema grave e globale: si stima che nel mondo ogni anno si producano 280 milioni di tonnellate di plastica, nel 2050 saranno il doppio e una parte non trascurabile finisce nelle acque marine, con danni incalcolabili per flora e fauna. Il Mediterraneo è particolarmente esposto al pericolo, visto che si tratta di una mare semichiuso in cui sboccano numerosi fiumi che trasportano anche tanti rifiuti; si pensa che siano almeno 250 miliardi i frammenti di plastica al suo interno e alcuni studi fatti sul mar Tirreno ci dicono che il 95 per cento dei rifiuti galleggianti avvistati, più grandi di venticinque centimetri, siano di plastica, il 41 per cento di questi costituiti da buste e frammenti. Statisticamente ogni chilometro quadrato si trovano più di tredici di questi grandi rifiuti – in alcuni bracci di mare possono arrivare ad essere anche tre volte tanto – e molti rimangono per l’appunto impigliati nel le reti dei pescatori. Soprattutto dopo qualche temporale.
Quell’idea del sindaco pescatore
Il progetto di coinvolgere i pescherecci è nato da un suggerimento della Fondazione Angelo Vassallo, il sindaco pescatore di Pollica, nel salernitano, ucciso dalla criminalità organizzata nel 2010. Un’iniziativa semplice, ma è così che si risolvono a volte i grandi problemi. “Quell’idea ha poi trovato sponda – sottolinea l’assessore alla presidenza della Toscana Vittorio Bugli – nel lavoro che la Regione sta portando avanti sul tema dell’economia collaborativa e circolare: un lavoro dove tutela dei beni comuni, impegno attivo per l’ambiente, sostegno alla competitività toscana e alle produzioni locali sono parole d’ordine che si ripetono su più fronti. Con questo progetto la collettività si fa carico del mare, il pescato acquista più valore e sulle tavole alla fine, con acque nel tempo più pulite, arriverà anche un prodotto migliore e più sicuro”.
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