In questi giorni sono tornati alla ribalta alcuni progetti legati ad una sperabile riconversione industriale della Raffineria Eni di Livorno. Più nello specifico, sono stati inseriti dal Ministero delle Finanze nella prima bozza del “Next Generation Italia” due impianti da poter realizzare all’interno della Raffineria ovvero un impianto per la realizzazione di “Bio” carburanti dal trattamento degli oli vegetali esausti (Hydrotreated Vegetable Oli) ed un impianto per ricavare metanolo dalla gassificazione di alcune tipologie di rifiuti (Waste to Methanol).
L’intento del Ministero delle Finanze è quello di inserire i due progetti all’interno del Recovery Plan che l’Italia presenterà all’Europa per attingere ai fondi del Recovery Fund europeo che prevede per l’Italia un fondo di 209 miliardi di Euro a fronte della presentazione di progetti che, al livello industriale, rientrino nel “Green Deal” ovvero siamo ambientalmente sostenibili e rientrino in un criterio di economia circolare, questioni da ben attenzionare per non rischiare di perdere il beneficio di una parte dei fondi.
Il fatto che l’area della Raffineria livornese sia attenzionata a livello nazionale e che vi sia l’intenzione di far finanziare una riconversione industriale obbligatoriamente “Green” dall’Europa è un’occasione da non perdere assolutamente.
Un’occasione talmente ghiotta che, oltre a dover assicurare evidentemente la necessaria stabilità lavorativa all’attuale organico della Raffineria e a tutto l’indotto, potrebbe addirittura permettere un cospicuo aumento del personale operante all’interno dell’area della Raffineria, una vera boccata d’ossigeno per l’economia cittadina e per i livornesi che negli ultimi anni hanno di fatto assistito ad una desertificazione industriale della città e la conseguente perdita di moltissimi posti di lavoro.
Parliamo infatti di una area molto vasta, circa 150 ettari in cui si sviluppa la raffineria che potrebbero essere in buona parte dedicati ad una impiantistica “verde” che possa trattare svariate tipologie di rifiuti (ricordiamo che all’interno della raffineria rimarrebbero comunque le linee di produzione di oli lubrificanti e una centrale elettrica e termica) fungendo anche da hub di riferimento per tutto l’ambito costiero.
Ad oggi infatti la tecnologia ci consente di recuperare ed in alcuni casi valorizzare una percentuale molto elevata di rifiuti, impianti che possono diventare delle “fabbriche di materiali” che potrebbero addirittura consentire di sfiorare il recupero e la trasformazione quasi totale dei rifiuti in materia prima se vi fosse una più attenta progettazione degli oggetti e dei materiali immessi sul mercato oltre ad un dedicato e più accurato sistema di raccolta differenziata dei rifiuti.
Soluzioni tecniche ambientalmente meno impattanti che possano coniugare finalmente lavoro e salvaguardia ambientale verso una transizione ecologia e di decarbonizzazione oramai non più eludibili.
E gli ingredienti ci sarebbero tutti: un’area SIN logisticamente ben posizionata e servita dove si potrebbero accorciare di molto le tempistiche autorizzative per la costruzione di nuovi impianti anche per la bonifica della stessa area, la volontà di alcuni ministeri di rilanciare industrialmente quell’area, dei finanziamenti europei dedicati anche alle riconversioni “green”, player di livello e spessore internazionale che, attraverso delle partnership con altri player locali o nazionali detentori di know out dedicati possano sviluppare in fretta queste tecnologie, una città straordinaria che merita le giuste attenzioni e ha voglia di voltare pagina e rilanciarsi anche nello scenario nazionale.
Mai come adesso serve una “concertazione cittadina”, una voce unica che chieda e ottenga dei tavoli nazionali costruttivi di confronto e proposta con tutti i soggetti coinvolti per un progetto molto meno utopico di quello che si pensi.
N.
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