La sentenza riconosce per 39, tra docenti e ATA, il diritto al risarcimento del danno nella misura di dodici mensilità della retribuzione quale sanzione per l’abusivo utilizzo del contratto a termine.
La Corte di Appello di Firenze con sentenza 346 dell’aprile 2016 ha accolto le ragioni sostenute dall’Avv. Irma Calderone, per conto della FLC cgil di Livorno, a favore del personale precario, docente e ATA, della scuola, riconoscendo per 39 tra docenti e ATA, il diritto al risarcimento del danno nella misura di dodici mensilità della retribuzione quale sanzione per l’abusivo utilizzo del contratto a termine.
In particolare la Corte ha sancito, a favore dei soggetti che ne avevano fatto richiesta mediante appello incidentale, il diritto all’indennità risarcitoria nella misura di dodici mensilità della retribuzione globale di fatto e condannato il MIUR al relativo pagamento, quale sanzione per la illegittima reiterazione dei contratti a termine.
Inoltre, confermando il contenuto della sentenza di primo grado, ha dichiarato il diritto alle differenze retributive per la progressione economica prevista per i dipendenti a tempo indeterminato, con il computo dell’anzianità di servizio maturata durante i rapporti a termine, precisando che a tale diritto si applica la prescrizione quinquennale.
Il provvedimento richiama ampiamente il contenuto della nota sentenza resa il 26.11.2014 dalla Corte di Giustizia Europea, facendo propri i suoi contenuti. La CGUE, con la citata sentenza aveva dichiarato che la normativa italiana sul conferimento delle supplenze per la copertura di posti vacanti (art.4 L 124/1999) si poneva in contrasto con la clausola 5 punto 1 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 70/1999. Tale clausola 5, applicabile secondo la CGUE anche al lavoro pubblico nel settore scolastico, espressamente prevede che, al fine di prevenire gli abusi derivanti da una successione di contratti e/o rapporti a tempo determinato, “gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e delle prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi ed in modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a: q) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti”.
La Corte di Appello, in considerazione del fatto che il MIUR non ha esperito procedure selettive per l’accesso al lavoro a tempo indeterminato e abbia realizzato la copertura dell’organico tramite graduatorie continuativamente aggiornate, ha ritenuto che, così facendo, siano state soddisfatte con contratti a termine esigenze croniche, in violazione della temporaneità che, secondo appunto la Direttiva Europea, deve contraddistinguere il rapporto a tempo determinato.
Quanto detto vale sia per gli incarichi conferiti fino al 31 agosto, sia per quelli fino al 30 giugno. Dato che il MIUR nulla ha allegato nel contenzioso per dimostrare la temporaneità di questi ultimi, ciò li fa ritenere equivalenti agli incarichi annuali.
Ha infine precisato il Collegio che il limite alla reiterazione degli incarichi annuali è quello triennale, data la cadenza triennale prevista dalla legge (art.400 D Lvo 297/1994 come aggiornato e modificato) per la copertura di posti vacanti mediante concorso. Solo il superamento dei tre anni comporta l’illegittimità del comportamento del MIUR e la tutela risarcitoria per il lavoratore.
E’ importante sottolineare che la Corte di Appello, nella determinazione della misura dell’indennità risarcitoria, ha attuato il recentissimo orientamento espresso con sentenza 5072 del 15.03.2016 dalle Sezioni Unite della Cassazione, che ritiene applicarsi la misura di cui all’art.32 comma 5 Legge n.183 del 2010 (tra 2,5 e 12 mensilità).
Ciò lascia ben sperare circa la capacità della pronuncia che ci interessa di superare positivamente l’eventuale vaglio del Supremo Giudice di legittimità, nel caso in cui il MIUR dovesse promuovere ricorso per Cassazione.
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