Una produttività della forza lavoro superiore alla media nazionale, una sostanziale tenuta occupazionale ma diversi problemi legati alla polverizzazione delle qualifiche professionali, all’eccessivo ricorso degli straordinari e alla disomogeneità degli avviamenti.
E’ una foto ad alta risoluzione quella del Porto di Livorno scattata dall’AdSP e messa nero su bianco nel Piano Organico Porti (POP), l’importante documento strategico, con validità triennale ma aggiornato di anno in anno, per realizzare il quale la Port Authority si è avvalsa della collaborazione dell’ISFORT (Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti).
Il documento, adottato questo pomeriggio dal Comitato di Gestione e presentato nei giorni scorsi alle Commissioni Consultive, fornisce un quadro dettagliato sui fabbisogni professionali delle imprese portuali e sui fattori che maggiormente ne influenzano i modelli organizzativi.
La riduzione della forza lavoro
Il primo dato che salta agli occhi nel report è la riduzione della forza lavoro rispetto al 2019, anno in cui è stato pubblicato il primissimo POP. In un triennio, lo scalo ha perso per strada 44 amministrativi e 66 operativi. Tra questi ultimi, a subire l’emorragia maggiore sono state le imprese autorizzate allo svolgimento dei servizi portuali (-21 unità), mentre nessuna “perdita” è stata registrata tra le imprese specializzate nelle operazioni portuali. Settore, quest’ultimo, dove invece è stata maggiore la riduzione del personale amministrativo (-55).
Complessivamente, nelle imprese portuali di Livorno risulta, al 31 Ottobre scorso, un organico dichiarato di 202 amministrativi e di 1384 operativi (di cui 999 addetti alle operazioni portuali, 245 addetti ai servizi portuali e 60 dell’Agenzia del Lavoro Temporaneo in Porto, ALP). L’analisi per fasce di età evidenza come nel porto più della metà del personale abbia meno di 46 anni (54%) e poco più di un quarto (26%) sia nella fascia d’età compresa tra i 46 ed i 56 anni. Circa otto lavoratori del porto su 10 hanno meno di 56 anni. Tra il 2019 e il 2021 sono andate in pensione 74 persone, mentre per il 2022/2024 sono previsti 29 pensionamenti, a conferma del fatto che nello scalo c’è stato un ricambio generazionale.
Tanto lavoro a tempo indeterminato
Se da un lato, l’AdSP segnala la flessione degli addetti, dovuta in parte alla riorganizzazione da parte delle aziende dei propri mezzi meccanici, dall’altro sottolinea però come la quasi totalità della forza lavoro presente in porto abbia un rapporto di lavoro continuativo, a tempo indeterminato e pieno.
Anche la presenza di lavoratori part-time tra gli addetti è piuttosto residuale e perlopiù concentrata all’interno di pochissime imprese portuali. La sua incidenza del lavoro part-time su quello a tempo indeterminato ha percentuali molto inferiori al 10% in tutti i principali comparti: operazioni portuali (3%), servizi portuali (6%) e terminalisti (2%). Mentre per Piombino l’incidenza del part time sulle attività terminalistiche è pari al 6% del totale.
La produttività
Interessante il dato sull’efficacia delle prestazioni dei lavoratori portuali, per misurare il quale è stato fatto un confronto tra il numero degli addetti e il volume delle merci trattate in porto al netto delle rinfuse liquide (la movimentazione delle quali non richiede un rilevante apporto di lavoro).
Tra il 2019 e il 2021 c’è stata per Livorno una leggera variazione in negativo, pari al 2%, con una produttività che l’anno scorso ha toccato le 20.500 tonnellate lavorate ad addetto. Nella sostanza, si è registrato un riallineamento rispetto ai livelli pre-pandemici (20.850 tonn. ad addetto) e un netto miglioramento rispetto alle quasi 19.000 tonnellate ad addetto del 2020. La produttività della forza lavoro rimane superiore ad oggi alla media nazionale, che tra il 2017 e il 2020 si attestava attorno alle 19.000 tonnellate scarse ad addetto.
Le criticità
1)La disomogeneità degli avviamenti al lavoro
Migliora dunque la resa lavorativa. Ma permangono in porto alcune criticità. A cominciare dalla disomogeneità degli avviamenti: l’AdSP registra una grande distanza tra i turni medi lavorati al mese delle aziende.
Ci sono aziende che si attestano tra le 13 e le 18 giornate – decisamente poche se si considera che mediamente dovrebbero attestarsi attorno a 22/24 turni mese – mentre in altri casi si supera la media arrivando oltre i 30 turni mese di media.
2) Eccessivo ricorso agli straordinari
La percezione di disomogenea distribuzione del lavoro tra gli addetti presenti in porto emerge anche dall’analisi delle ore di straordinario effettivamente svolte nei primi dieci mesi del 2021.
Il report mette in evidenza che a due mesi dalla conclusione dell’anno ci sono 35 lavoratori distribuiti all’interno di 6 aziende che hanno già superato la soglia delle 300 ore di straordinario annuo. Un’azienda, in particolare, raccoglie circa il 60% dei casi, mentre per le altre cinque i numeri sono decisamente più contenuti.
Più consistente è il gruppo delle persone che a poche settimane dalla conclusione dell’anno ha già superato la metà delle ore di straordinario previste (150). Si tratta di 100 unità di cui più di 1/4 dipendenti della stessa impresa che raccoglieva buona parte degli addetti che avevano superato le 300 ore.
3) La polverizzazione delle figure professionali
Altro dato critico è quello della eccessiva dispersione delle figure professionali. Su 1.586 lavoratori presenti in porto, le aziende arrivano ad indicare 73 mestieri doversi, di cui 27 sono citati solo una volta. Il secondo elemento che si nota è la netta preponderanza di lavoratori scarsamente qualificati con mansioni piuttosto generiche, che rappresentano il 58% del totale.
La situazione di ALP
Un cenno a parte merita l’Agenzia per la fornitura di Lavoro Temporaneo in Porto, l’art. 17 del porto di Livorno. Il report segnala come nel corso degli ultimi anni il numero degli operativi sia cresciuto di 10 unità passando dai 55 del 2014 ai 68 del 2019 (scesi poi a 60 nel primo semestre del 2020). Le giornate lavorate dal personale dell’Agenzia da allora ad oggi è praticamente raddoppiato passando da 6.743 giornate del 2014 alle 11.383 del 2019 (prima dell’evento pandemico).
I dati critici sono invece rappresentati dalla modesta gamma di competenze professionali possedute dai membri effettivi del Pool e dalla consistenza della quota dei dipendenti con inabilità. Si tratta di 19 persone esentate fra l’altro dallo svolgimento delle operazioni portuali. Sono di fatto le attività che più frequentemente i lavoratori di ALP sono chiamati a svolgere, come il rizzaggio e derizzaggio. Il dato sulle inabilità al lavoro nell’ALP rispecchia, invero, quello generale sul porto: a Livorno, più di un lavoratore su 10 è invalido o inibito a svolgere in parte o tutte le operazioni portuali.
Guardando alla distribuzione percentuale dei portuali presenti in porto, si nota inoltre l’esiguità del pool di manodopera (Agenzia ALP) rispetto al complesso della forza lavoro. Infatti, prendendo in riferimento la media dei porti nazionali tale quota si attesta infatti attorno al 17%, mentre nei porti dell’AdSP MTS scende al 4%.
PIOMBINO
Molto diversa la situazione nel Porto di Piombino, il secondo porto del Sistema dell’Alto Tirreno.
Nelle imprese presenti nello scalo c’è un organico dichiarato che al 30 ottobre scorso risultava in tutto di 284 addetti, dei quali 255 operativi e 29 amministrativi.
Rispetto al 2019, anno in cui è stato pubblicato il primo POP, la forza lavoro impiegata nello scalo piombinese è aumentata di 45 unità, di cui 31 operativi. E questo è un ottimo risultato, che in qualche modo da fa da contraltare alla riduzione della forza lavoro nel porto di Livorno.
I dati del report confermano però una bassa produttività media dello scalo, valutata in termini di tonnellate medie per addetto al netto delle rinfuse liquide. Il livello quantitativo delle performance, pari a 13 mila tonnellate lavorate per addetto, pone il porto al di sotto della media nazionale, che si attesta attorno alle 19.000 tonnellate ad addetto. Si tratta di un dato che va però messo in relazione con le peculiarità dei traffici movimentati e con la natura delle operazioni portuali svolte.
Altro elemento di riflessione è quella della esigua quantità di turni lavorati per addetto: un lavoratore effettua mediamente 12 turni al mese, mentre la media nazionale è di 22/24 turni al mese.
I redattori del POP, l’Ufficio del lavoro portuale dell’AdSP in sinergia con il consulente esterno dell’ISFORT, evidenziano come “i dati relativi ai turni medi del porto di Piombino, la preoccupante diffusione di situazioni di crisi aziendale e la contrazione del traffico merci destano qualche preoccupazione poiché sembrano in netto contrasto con l’andamento dell’occupazione che al contrario è in crescita”.
Il dispiegarsi della Pandemia a partire dalla seconda metà del 2019 ha prodotto effetti rilevanti sul mercato dello shipping e conseguentemente sull’attività delle imprese dei porti dell’AdSP MTS. A Piombino, molte aziende hanno adottato misure di contenimento temporaneo di parte degli addetti, ricorrendo alla CIG straordinaria concessa dal Governo.
Sei lavoratori su dieci hanno fatto ricorso a tale sussidio (il 61% del totale con 173 addetti) mentre a Livorno sono stati coinvolti in crisi aziendali 313 unità (il 20%).
Le dichiarazioni di Guerrieri e Paroli
“Il lavoro realizzato dal nostro Ufficio del Lavoro Portuale con la collaborazione di ISFORT è stato dettagliato e scrupoloso” ha dichiarato il presidente dell’AdSP Luciano Guerrieri.
“Il report fotografa una situazione che presenta alcuni aspetti positivi ma anche diverse criticità” ha aggiunto. “La materia del lavoro portuale rappresenta senza dubbio un aspetto strategico che incide sostanzialmente sia sulla competitività dei porti che sul loro equilibrio. Cominceremo ad affrontare le situazioni di crisi con l’obiettivo di rendere ancora più efficace ed efficiente l’azione amministrativa” ha aggiunto.
Guerrieri, assieme al segretario generale dell’Ente, Matteo Paroli, ha sottolineato come il POP tracci, coraggiosamente, una linea da seguire sia con riferimento alla risoluzione delle situazioni di crisi che alla definizione di strategie di lungo respiro. Le priorità per l’immediato sono due: puntare a un riequilibrio della forza lavoro in porto (tra art.17, art.16 e 18) e avviare una riflessione circa le competenze e le specializzazioni professionali degli addetti delle imprese autorizzate ex art. 18 e art. 16 per valutare la coerenza tra le caratteristiche della dotazione organica.
“Il Piano Organico Porti è il nostro faro e ci indica la rotta da seguire. Manterremo alta l’attenzione sulla qualità e l’efficienza del lavoro” ha affermato Paroli. “La nostra priorità, per l’immediato, sarà quella di verificare la tenuta di ALP, nell’ambito della quale è stata osservata l’esiguità della forza lavoro rispetto a quella complessivamente impiegata in porto” ha concluso.
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