Con Sergio Nieri, nostro collaboratore anche della redazione del Tg News, per fare il punto della situazione coronavirus in città.
Allora Sergio, come valuti il ruolo giocato dal Comune di Livorno in questa vicenda.
Un ruolo corretto, anche se indubbiamente difficile da svolgere. Si raccomanda di stare in casa per un periodo a mio giudizio indeterminato, ma nello stesso tempo si contestano e/o si applicano sanzioni nei confronti di chi non rispetta le severissime regole impartite dal Decreto Conte del 17 marzo.
Mi rendo conto che per un Sindaco è quasi contro natura sanzionare una attività commerciale regolarmente aperta, a meno che non rientri nel profilo dei generi alimentari o delle farmacie, ma questo è il prezzo della collaborazione richiesta al lavoro autonomo per non accendere o promuovere, magari involontariamente, focolai d’infezione di seguito all’aggregazione di persone negli orari del copri fuoco. Ancora più difficile è regolamentare il funzionamento dei mercati alimentari in spazio pubblico.
Mi auguro che questo periodo di fermo commerciale e produttivo venga debitamente risarcito dallo Stato ora che finalmente i vincoli europei stanno rallentando e il concetto di “aiuto di Stato” o di trasferimento finanziario ad un territorio in crisi non costituiscono più causa d’infrazione. Ci voleva il virus per determinare questo cambio d’epoca. Verrà un tempo in cui la politica, invece di dividersi, dovrà rivendicare questi aiuti.
Che dire, sul piano generale i cosiddetti Enti di prossimità (cioè i Comuni) operano in una specie di limbo tra la “raccomandazione”paternalistica e una serie di “divieti” che per alcuni aspetti non emergono chiaramente dalla decretazione d’urgenza espressa in tre fasi da Conte. Disporre la chiusura dei parchi a due mesi dalla diffusione del coronavirus lo trovo di una lentezza esasperante.
Forse ha ragione Salvetti quando sostiene che qualche falla ogni tanto si apre nelle previsioni del Governo, ma ciò che importa fare a mio giudizio non è la “caccia ai furbetti” cara ai social e alla stampa locale, quanto una copertura preventiva del territorio che funga da deterrente alle condotte trasgressive. La popolazione poi risponde.
A mio giudizio sarà ancora più difficile gestire la situazione sul piano psicologico quando, di fronte a uno sperabile raffreddamento dei contagi, le misure non allenteranno se non di poco la prevenzione del virus su categorie e persone.
Come pensi stia rispondendo la cittadinanza livornese?
Direi molto bene. C’è un diffuso senso di responsabilità misto alla paura di commettere errori di comportamento. Un giorno ci sveglieremo dall’incubo e capiremo se tutto questo era effettivamente dovuto. Al momento i quasi 4000 morti e più provocati da questa incredibile vicenda nel Paese (abbiamo il tasso di letalità più alto del mondo in relazione al numero dei contagi) impongono comportamenti seri.
Per fare un esempio figurato, ma calzante, abbiamo ampiamente superato il numero delle persone che trovarono la morte nelle Torri Gemelle di New York nel settembre del 2001. Una delle più grandi tragedie narrate della storia.
…E poi consideriamo che la raccomandazione “di stare in casa” non tiene conto di una cosa fondamentale.
E cioè?
Che non tutte le case sono uguali. Un conto è rispettare il decreto volteggiando in un attico da 350 mq e un conto rischiare conflitti da frustrazione nei 40/ 50 mq di una casa popolare abitata da una famiglia numerosa che sopravvive col reddito di cittadinanza
Senza considerare chi una casa non se la può permettere, e dunque deve inventarsi una giornata di coprifuoco forzato senza bar e luoghi di ricreazione una volta uscito/a la mattina dal dormitorio o da sistemazioni di fortuna.Confido sotto questo aspetto nell’intelligenza del Sindaco e della forze dell’ordine.
C’è poi la questione degli anziani, in parte destinati alla reclusione domestica, in parte ad un difficile rientro in famiglia dopo la temporanea smobilitazione dei Centri diurni Alzheimer disposta dalla Regione.
Un ringraziamento a tutte le badanti e agli operatori assistenziali che sono ormai parte essenziale del nostro welfare. Oltre che naturalmente a tutto il personale sanitario che lotta nei reparti di frontiera spesso sprovvisto dei dispositivi di sicurezza.
E sull’informazione che dici, per concludere?
In questa partita, inutile negarlo, l’informazione gioca un ruolo fondamentale. Purtroppo le situazioni emergenziali come questa depongono quasi fisiologicamente a favore di un pensiero a reti ed edicole unificate.
Bisogna sapere leggere i dati per favorire una responsabilizzazione intelligente delle persone.
Diffondere l’allarmismo o viceversa la deresponsabilizzazione con titoli studiati a tavolino per crocifiggere il Governo da un lato o per lodarlo incondizionatamente dall’altro, non fa bene al buon giornalismo.
Non fa bene neanche usare i social per fare i fenomeni e accanirsi contro i cittadini che vanno leggermente fuori schema, quando escono per una boccata d’aria, sostituendosi come una ronda agli organi di pubblica sicurezza.
In definitiva, è un momento difficile per tutti e tutti siamo chiamati a giocare responsabilmente la nostra parte come cittadini, non come sudditi a caccia di mascherine o di un minimo kit sanitario di sicurezza da fornitori non istituzionali che speculano sul nostro bisogno di sopravvivenza.
1 Comment
Massimo
23 Marzo 2020 at 0:58Ottima diagnosi socio-politica dell’amico Sergio. Come suo solito. Un saluto a tutti voi da Massimo Fusciello