Sono ingombranti, circolano a passo di lumaca (per risparmiare sui costi di carburante), hanno un impatto devastante sul mercato dei noli (a causa dell’eccesso di stiva) e sulle capacità ricettive di quasi tutti i porti del continente. I giganti del mare, diventati oggi un vero e proprio asset finanziario, su cui le banche e istituti di credito, specialmente prima della crisi dei mutui subprime, avevano investito massicciamente, sono stati al centro di un acceso dibattito a Livorno tra studiosi ed esperti di settore. L’occasione è stata offerta dalla presentazione, nella cornice della cinquecentesca Fortezza Vecchia, dell’ultima fatica del professor Sergio Bologna, ‘Tempesta Perfetta sui mari’, opera che prendendo spunto dalla crisi del colosso coreano Hanjin, settima compagnia navale del mondo, si concentra sull’attuale stato di salute del settore. Una esplorazione della dark side of the moon – l’ha definita Bologna – una interrogazione sui costi che oggi deve sopportare la comunità portuale nel suo insieme per sostenere il gigantismo navale, ma anche una presa di coscienza sulle attuali condizioni di sicurezza in cui operano i lavoratori del mare. Che sono e rimangono il vero hardware dei porti e dello shipping e i primi a pagare le conseguenze dell’attuale assetto della finanza navale. Sono tutti temi di spinosa attualità, a detta dell’intellettuale triestino, il quale condivide con molti critici, tra cui il più volte citato Martin Stopford (trading ships not cargo), un particolare scetticismo nei confronti di certi scenari: in cambio di pochi margini di profitto, il gigantismo navale stressa i porti di mezzo mondo, costringendoli a implementare continuamente le proprie infrastrutture e ripropone il tema flessibilità nella organizzazione del lavoro in modo inedito rispetto all’immediato passato. Ne sa qualcosa il segretario generale dell’Autorità di Sistema del Mar Adriatico Orientale, Mario Sommariva, che ha invocato una presenza più marcata dello Stato: “Servono Autorità Portuali forti, dotate di potestà di intervento, capacità di scelta anche in ambito formativo. Serve inoltre una direttiva che faccia ordine nel mare magnum del lavoro portuale, eliminando quelle distorsioni che oggi si sono prodotte in tema di appalti di segmenti del ciclo operativo. Credo infine che l’intervento pubblico nell’uso delle risorse sia oggi estremamente attuale”. Lo Stato è insomma chiamato a ad acquisire un ruolo centrale in un’epoca in cui si sono acuiti i conflitti sociali: “Bene ha fatto il Ministro Del Rio a ricondurre sotto l’ombrello delle proprie competenze la responsabilità della programmazione delle opere infrastrutturali – è stata la chiosa di Bologna in apertura del convegno –, abbiamo visto arrivare al MIT qualcuno che ha avuto il coraggio di bloccare progetti che considero insensati”. Il docente dell’Università degli Studi di Trieste, Vittorio Alberto Torbianelli è dello stesso avviso e non a caso ha insistito molto sulla necessità di definire un sistema comune nella calibrazione dei rischi di investimento nelle opere realizzate in project financing: “Ci sono oggi richieste di finanziamento infrastrutturale nei porti che appaiono ingiustificate rispetto alle attuali tendenze di mercato. La rincorsa acritica al gigantismo navale appare pericolosa perché ci pone in una posizione di sudditanza nei confronti delle grandi compagnie di navigazione. In una situazione, quale quella che si è venuta a prefigurare oggi, caratterizzata sempre di più da concentrazioni orizzontali di tipo oligopolista, occorre un governo forte che definisca, specialmente nelle opere finanziate tramite project financing, un sistema di calibrazione dei rischi coerente a livello nazionale, che non abbia diversificazioni a livello territoriale”. Vale a dire: ci vogliono parametri comuni cui far riferimento nella realizzazione delle grandi opere infrastrutturali. Da un’analista all’altro, il presidente dell’Adsp del Mar Tirreno Centro-Settentrionale, Francesco di Majo, ha sottolineato che il pubblico può giocare un ruolo fondamentale nella evoluzione della portualità italiana. “Il legislatore ha capito che i porti devono lavorare in sinergia tra di loro. La vera novità della legge è infatti la Conferenza dei presidenti dell’Adsp: tutti i 15 presidenti siederanno insieme confrontandosi direttamente con il ministro sul tema della programmazione delle infrastrutture”. E anche il presidente di Confetra, Nereo Marcucci, invita a guardare avanti: “Dobbiamo capire che il gigantismo navale in se e per se non è un male: esistono dei porti che possono e devono adattarsi alle grandi navi e porti che devono seguire un’altra vocazione. Tra questi ci sono quelli multipurpose, che oggi stanno soffrendo a causa di questa situazione”. Per Marcucci l’Italia ha dei margini di intervento: “e il Governo in questi due anni ha dimostrato di avere a cuore il sistema portuale, salvandoci dal morbo dell’anarchia offertista. Ora bisogna guardare avanti, vedo alcuni porti italiani che si candidano ad hub di riferimento per i traffici con il Nord Europa, ma Livorno, attraverso la Livorno-Firenze e con l’alta capacità può arrivare a Mannheim prima di quanto possa fare Genova col Terzo valico”. Insomma, se è vero che certi fenomeni, come il gigantismo navale, non possono essere controllati da un singolo porto, è altrettanto vero che possono essere quanto meno governati attraverso un piano ben definito di priorità: una di queste è quella dello sviluppo ferroviario. Perché, come ha ricordato più volte Bologna, il mercato europeo, oltre le Alpi, lo si conquista con le ferrovie: ne è convinta Giulia Costagli, del Centro Studi e Progetti Innovativi di Rete Ferroviaria Italiana, per la quale occorre proseguire con il nuovo corso inaugurato dal Ministero Del Rio, che ha più volte annunciato di volere portare la quota di traffico su ferro anche al di là dei valori pretesi da Bruxelles (30% entro il 2030, 50% entro il 2050). Per il segretario generale dell’Autorità Portuale di Livorno, Massimo Provinciali, la questione principale da affrontare nell’immediato è quella di applicare correttamente il nuovo disposto della legge di riforma della 84/94: “Per noi addetti ai lavori – ha detto – la riforma ha diversi nodi da sciogliere. Ma il risultato che frattanto è stato raggiunto, ovvero quello di aver riportato la portualità al centro della politica di governo, con una visione di insieme omogenea ed equilibrata sulle priorità da portare avanti di qui a quindici anni è un risultato che ci ricompensa di ogni sforzo”. Gigantismo navale, concentrazione oligopolistica di mercato, lavoro portuale e flessibilità, sicurezza, regime concessorio e centralità dello Stato: è difficile mettere insieme tutti questi argomenti, lo ha sottolineato anche il senatore Marco Filippi, in apertura del convegno: “Il libro di Bologna ha il grande merito di costringerci a fare i conti con alcuni temi ineludibili. Non c’è forse un’unica vera via d’uscita dai dilemmi posti dal gigantismo navale, ma occorre lavorare contemporaneamente su molteplici fronti. Con la riforma della 84/94 il Governo ha dimostrato di volersi assumere l’onere di acquisire un ruolo guida nella gestione delle complessità: è un primo importante traguardo”.
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